martedì 27 agosto 2013

DUELLO di Paolo Secondini

                                                  

Colonia umana di Meredyn, il più grande pianeta del sistema stellare di Kongiu-Beil.
Anfiteatro di Kèphalon.
Ora meridiana.

Il robot respirava (ne aveva la facoltà essendo il modello più progredito della serie X-324) a bocca aperta, emettendo un rumore rauco, ansante.
I suoi occhi turchesi lampeggiarono vivacemente per pochi istanti. Poi la sua testa metallica, priva di orecchie e di naso (soltanto piccoli fori al posto di essi), si piegò in avanti a guardare il ventre, dal quale sgorgava un liquido verde, gelatinoso.
Cercò allora di tamponare lo squarcio con la mano, ma il liquido scorse, inarrestabile, tra le sue dita.
All’improvviso sentì che le forze lo abbandonavano, soprattutto alle gambe. Fu costretto, per non cadere, ad appoggiarsi al muro di pietra che s’innalzava lungo il perimetro dell’arena.
Il respiro divenne più corto, affannoso; le funzioni del suo organismo bionico, più limitate.
Il robot sollevò lo sguardo e rimase a osservare il proprio rivale, anch’esso un modello X-324, in piedi poco distante, impettito, a gambe larghe: il tipico atteggiamento del vincitore.
Stringeva ancora nel pugno un lungo pugnale keronico, dalla lama termica incandescente.
Con esso aveva causato il terribile squarcio all’addome dell’altro, durante il duello che si era concluso da poco.
Non c’era motivo, adesso, di accanirsi contro il ferito. Era evidente che questi ne avesse ancora per poco. Quel tipo di arma, infatti, era tremendamente micidiale.
Il robot morente non si mosse, non disse nulla (sapeva e poteva parlare), i suoi occhi lampeggiarono ancora una volta, poi restarono immobili, senza espressione. La sua testa, lentamente, reclinò sul petto.
Non un grido.
Non un lamento...
Eppure il dolore era immenso, insopportabile, ma tutto interiore, fatta eccezione per una lacrima che, pian piano, gli scivolò su una guancia, brillando come un diamante.

* * *

Nell’anfiteatro era sceso il silenzio.
Sugli spalti gli spettatori non ridevano, né urlavano, né incitavano i due combattenti.
Se ne stavano fermi, quasi col fiato sospeso, aspettando l’epilogo imminente.
Solo allora, per il vincitore, si sarebbe levata una lunga ovazione assordante. Per lo sconfitto, invece, neppure uno sguardo, né un pensiero, né una parola.
Sarebbe stato all’istante portato – da altri robot di infima serie: gli inservienti dell’anfiteatro – alla grande Fornace del Metallo, per essere fuso, rimodellato e programmato di nuovo: aspetti e funzioni sempre più simili a quelli dell’uomo.
Pronto, così, per un altro duello: unico divertimento per i minatori di quel solitario e aspro pianeta, situato nel settore L-345 del sistema stellare di Kongiu-Beil.

2 commenti:

  1. Bel racconto "fantagladiatorio", già letto sull'antologia "Nuove storie dallo spazio". Avvincente e d'atmosfera.

    Giuseppe Novellino

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  2. Davvero un bel racconto di combattimento.
    Narrazione breve ma efficace nel descrivere i particolari dei due lottatori.

    Antonio Ognibene

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