mercoledì 2 aprile 2014

NON LASCIATE CHE IL CORVO MUOIA di Paolo Secondini



La sera del 3 ottobre 1849, il signor Joseph Walker, tornando a casa per un vicoletto deserto di Baltimora, vide un uomo disteso sull’acciottolato.
Essendo un tipo altruista e determinato per natura, affrettò i passi in quella direzione. Quando ebbe raggiunto l’uomo, si piegò in avanti e, dal momento che quegli era prono, lo rigirò.
La sorpresa fu grande allorché riconobbe il volto emaciato, pallido, di Edgar Allan Poe.
«Che le è successo?» chiese, allarmato, Walker. «Si sente male? È stato aggredito?»
Lo scrittore non rispose.
Il soccorritore, allora, gli tastò il polso per accertarsi che fosse vivo.
Lo era.
«Riesce a sentirmi?» chiese ancora Joseph Walker. «Signor Poe, la prego, mi risponda.» L’osservò con molta attenzione, poi, quasi parlando a se stesso: «È davvero in un pessimo stato!»
Lo scosse più volte leggermente e, d’un tratto, lo sentì lamentarsi.   
Walker emise un sospiro di sollievo.
«Ora l’aiuto ad alzarsi. Ha bisogno di cure,» disse. Gli mise le mani sotto le ascelle. «Avanti, si tiri su. La porto in ospedale: al Washington College. Non è molto lontano da qui. Sapranno rimetterla in sesto, vedrà.» E Joseph Walker, che era un uomo robusto, sollevò di peso lo scrittore. «Si appoggi a me. Ecco, così… Si sforzi di camminare.»

* * *

 Erano ormai trascorsi quattro giorni da quando Edgar Allan Poe era stato condotto al Washington College.
La domenica mattina del 7 ottobre, dunque, lo scrittore vi era ancora degente.
Supino nel letto, se ne stava immobile, le palpebre chiuse.
Era praticamente rimasto così dal momento in cui era stato ricoverato.
A un tratto, inaspettatamente, tirò fuori le braccia da sotto il lenzuolo che lo ricopriva. Le agitò in aria.
Un’anziana infermiera, che lo sorvegliava seduta vicino al letto, corse a chiamare il dottore. E quando, pochi momenti dopo, tutti e due entrarono nella stanza dello scrittore, lo sentirono farneticare ad alta voce.
«No! No! No!... Non lasciate che il corvo muoia… Vi prego! Vi prego!… Aiutatelo!… Deve vivere ancora, anche quando sarò scomparso… Volare, volare, volare!… A voi… a voi lo affido… Ligeia… Morella… Berenice… Non lasciate che muoia, vi scongiuro!… Reynolds, Reynolds, Reynolds… A te, ultimo nato… Reynolds… Reynolds… Reynolds…» Emise un urlo straziante, poi, la fronte imperlata di sudore, parve calmarsi. «Signore,» disse infine con un filo di voce, «eccomi!… Ti prego… aiuta la mia povera anima.»
Furono, queste, le sue ultime parole prima di morire.
Al dottore e all’infermiera parve di udire, all’istante, un frenetico battere d’ali.
Istintivamente, si guardarono intorno ma non videro niente, mentre il rumore continuava a sentirsi chiaramente e sempre più forte. Pareva che un grosso uccello volasse nello spazio ristretto della stanza d’ospedale, cercando disperatamente di uscire all’aperto.
Quando infine tornò il silenzio, il dottore si chinò su Poe. Gli auscultò il cuore. 
«È andato!» disse con freddezza. Si raddrizzò nella figura e guardò l’infermiera. «Chi sarà quel Reynolds che ha chiamato con tanta insistenza?»
«Davvero non saprei,» rispose la donna crollando il capo.
«Bisogna informare qualcuno del suo decesso,» disse il dottore. «Era sposato? Aveva figli, amici, conoscenti? »
«Guardi qui,» esclamò d’un tratto l’infermiera porgendogli dei fogli. «Erano in tasca alla sua giacca. Forse potranno aiutarci…»
«Dia qua!» esclamò il dottore e, inforcati gli occhiali, lesse: «Il prezzo di Reynolds, racconto di Edgar Allan Poe.» Rimase un momento in silenzio, poi, stringendo le labbra, riconsegnò i fogli all’infermiera. «Quel Reynolds non è che un personaggio di un mondo fantastico, immaginario, come tanti creati dalla sua penna; un mondo nel quale Poe è vissuto di sogni e illusioni per tutta la vita, e in cui alla fine, come forse desiderava… è spirato.»

2 commenti:

  1. Complimenti, Paolo. Un bel racconto dedicato a un Grande Scrittore.

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  2. Il raccontino è impeccabile, molto espressivo ed evocativo nella sua brevità. Mi è piaciuto questo fantasticare su un grande personaggio della letteratura mondiale, il quale è colto nel suo "vizio" caratteristico: quello di fantasticare a sua volta... anche in punto di morte.

    Giuseppe Novellino

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