venerdì 18 luglio 2014

DOPPIA… TRIPLA CACCIA di Paolo Secondini



Il darmatatròpholos – il becco e gli artigli ricurvi – si librava nel limpido cielo di Phobos, ora battendo, ora stendendo le ali.
La sua testa enorme, piatta, sorretta da un collo robusto, era rivolta verso il basso. I piccoli occhi scintillanti scrutavano il territorio in cerca di una preda.
Erano giorni che non mangiava, né trovava alcunché da portare ai propri pulcini che pigolavano nel nido.
Tempi duri, difficili! Tempi magri!
Scorse, d’un tratto, uno di quegli esseri bipedi continuamente a caccia – con lunghi bastoni che, con fragore, sputavano fuoco e morte – di animali terrestri e volatili. Tra quest’ultimi il darmatatròpholos, che rischiava addirittura l’estinzione.
L’uccello raccolse le proprie energie e, distesa la testa in avanti, si gettò su quell’essere bipede che, visto dall’alto, appariva minuscolo.

* * *

L’uomo era intento a guardarsi intorno con attenzione, anch’egli in cerca di una preda, quando sentì il sibilo del darmatatròpholos che discendeva in picchiata.
Alzò il capo.
Lo vide.
Oh, una vera delizia la carne di quel rapace! pensò, leccandosi le labbra. Non speravo di meglio, quest’oggi.
Su Phobos, infatti, non c’era niente di più prelibato del darmatatròpholos, il quale, per quanto un po’ duro, era di un gusto forte, ineguagliabile.
L’uomo imbracciò il fucile, prese la mira, fu pronto a sparare.
Ma proprio in quell’istante, un gerkàtokos – uno strano umanoide dalla testa di pesce – scorgendo l’uomo poco distante da sé, si disse, a voce bassa:
«Murf id fior stup, tim ul kan!» (Finalmente ti ho sotto tiro, figlio di un cane!).
Premette il grilletto nello stesso momento in cui anche l’altro premeva il suo.
L’uomo e il darmatatròpholos ci restarono secchi.
Dopo un po’ il gerkàtokos, stupito della precisione e tempestività dei colpi, se ne uscì con una esclamazione:
«Slup isk fram!... Alver em kavar up spop?» (Accidenti che mira!... Chi l’avrebbe creduto possibile?).
Camminando a piccoli balzi – come solevano solo i gerkàtokos –, si avvicinò al corpo dell’uomo, del tutto immobile. Lo toccò con la punta del piede, più volte, poi rimase a osservarlo finché non udì, alle sue spalle, una voce sonora… al megafono:
«Stop! Buona la prima! Tra dieci minuti la prossima scena.»
E il regista del film, posato per terra il megafono, si accese, soddisfatto, una sigaretta.


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