Il vecchio respirava a
fatica, una sorta di sordo dolore chi si era solo in parte abituato, gli
gravava sul petto. Sapeva che non c'era niente da fare. L'età, semplicemente
l'età. Un essere umano non è fatto di acciaio, e a un certo punto,
inevitabilmente, il suo organismo si logora. Il medico continuava a dire:
“Oggi ti vedo bene, ti
riprenderai presto”.
Ma l'uomo sapeva che si
trattava di una pietosa bugia. Tutte le cose prima o poi devono finire, e
presto sarebbe toccato a lui. Stranamente, l'idea della cessazione della sua
esistenza non gli incuteva paura, e non provava neppure un senso di
risentimento, solo una placida rassegnazione. Poteva ritenersi soddisfatto:
aveva vissuto una vita lunga e piena, quasi sempre in salute, non gli erano
mancate le soddisfazioni né gli interessi da coltivare, aveva impiegato bene il
suo tempo.
“Annie”, chiamò.
“Si, caro, sono qui”,
rispose la moglie, “Cosa posso fare per te?”
“Niente di speciale”,
rispose lui, “Vorrei solo che mi tenessi la mano”.
La donna allungò il
braccio verso il capezzale del letto, fino a stringere la mano del marito.
“Robert, Vanda, Edward”.
I tre figli risposero
all'unisono. Robert, il maggiore, venne da pensare al vecchio, era ormai
sessantenne. Vanda, “la ragazza” aveva un paio di anni di meno, ed Edward, “il
piccolino” aveva ormai anche lui varcato la soglia del mezzo secolo. Il marito
di Vanda e la moglie di Edward non erano nella camera, erano di là in salotto a
tenere a bada la turbolenta schiera dei nipoti.
Aveva una moglie devota
con la quale aveva costruito un rapporto solido negli anni, tre splendidi figli
che gli avevano dato molte soddisfazioni e qualche trascurabile grattacapo, e
una congerie di nipoti vivaci e schiamazzanti che contribuivano a tenerlo in
attivo dopo il pensionamento, e a farlo sentire vivo.
Per molti anni l'uomo
aveva lavorato in un ufficio governativo dove era entrato dopo poco aver
completato gli studi. Col tempo aveva fatto carriera, non una di quelle
carriere esaltanti e fulminee, ma una progressione solida nelle responsabilità
e anche nei miglioramenti economici, nel corso della quale non gli erano
mancate né la stima dei superiori né l'amicizia dei colleghi.
La fonte principale
della stima che aveva ricevuto, anche se non delle soddisfazioni economiche,
però derivava da un'altra fonte, la sua attività di scrittore, di scrittore di
fantascienza per la precisione.
Ricordava come era
cominciato tutto, in una maniera per la verità alquanto singolare: tanti anni
prima, si era trovato nella casa dei nonni in vacanza, e rovistando fra le
vecchie cose in soffitta, aveva trovato dentro un baule un quaderno le cui
pagine erano scritte con la grafia corsiva elegante di epoche passate, aveva
l'apparenza di un diario, ma la storia che raccontava era davvero singolare.
Narrava di una
spaventosa epidemia che anni prima avrebbe falcidiato la razza umana, riducendo
l'umanità da miliardi di persone che popolavano il pianeta, a un gruppo sparuto
di superstiti.
Ricordava di aver
sbattuto le palpebre per l'incredulità: quella storia non corrispondeva per
nulla a ciò che vedeva intorno a sé; poi capì, o gli parve di aver capito: suo
nonno o chiunque fosse stato l'autore del diario, aveva voluto probabilmente
scrivere un romanzo fantastico.
Si era immerso nella
lettura della storia e ne era rimasto affascinato. I pochi superstiti si erano
ritrovati a vivere in un'atmosfera di disfacimento e di decadenza, al punto
tale che fra molti di loro, incapaci di vivere in un mondo così desolato, si
erano verificati diversi casi di suicidio. Qualcuno a questo punto aveva avuto
un'idea brillante: era stato costruito un super-computer che proiettava in
tutto il mondo una realtà fatta di ologrammi che lo ripopolava di oggetti,
animali, piante, persone, soprattutto persone, simulando il mondo che esisteva
prima dell'epidemia.
In quel momento sentì
una punta di scetticismo. Una storia del genere aveva qualche elemento di
verosimiglianza, si poteva davvero scambiare un ologramma per un oggetto o, a
maggior ragione una persona reale? Beh, qui l'ignoto autore aveva mostrato una
punta di genialità.
Gli oggetti che noi
riteniamo solidi, spiegava, sono in realtà composti in grandissima parte di
vuoto, vuoto fra le molecole, fra gli atomi e, all'interno di essi, fra il
nucleo e gli elettroni che li compongono. Ciò che ci dà l'impressione della
solidità e l'impenetrabilità dei corpi, è solo una questione di repulsione
elettrostatica. Ottenere lo stesso effetto con degli ologrammi non presentava
particolari difficoltà.
Il computer era anche
abbastanza potente e complesso da controllare il comportamento di miliardi di
simulazioni olografiche in modo che non vi fosse una differenza riscontrabile
con quello dei veri esseri umani. In questo modo, la riproduzione del mondo che
era stato, si era sostituita alla tragica realtà.
Lo sconosciuto autore
però avvertiva: la fine dell'umanità era solo rinviata: se un uomo o una donna
senza saperlo si accoppiavano con una simulazione olografica, da un simile
rapporto non potevano nascere figli, al massimo il computer poteva generare
delle simulazioni olografiche che sarebbero passate per figli della coppia,
modificandole nel tempo in modo da simulare la crescita di un essere umano.
Allo stesso modo, poteva produrre in una donna la simulazione dei sintomi della
gravidanza. In pratica con questo programma, invece di una fine in tempi brevi
in un mondo atroce e squallido, spiegava l'autore, la nostra specie aveva
scelto una più lunga, inconsapevole, serena agonia.
La trama della storia
gli era parsa ottima, avvincente; con pochi ritocchi per renderla più
letteraria, ne sarebbe venuto fuori uno splendido romanzo di fantascienza, e
così fece, poi mandò il testo a un editore specializzato. Il romanzo fu
pubblicato ed ebbe un discreto successo. Si sentì in colpa, perché si rendeva
conto di aver commesso tutto sommato un plagio, anche se altrimenti quella
bella trama sarebbe rimasta forse per sempre ad ammuffire nel fondo di un
baule, così iniziò a scrivere altre storie, romanzi e racconti che furono più o
meno tutti regolarmente pubblicati.
Cominciò a farsi un
nome, ricevette diversi premi, fu ospite d'onore a diverse conventions di
fantascienza, comparve più di una volta in televisione, concesse interviste,
firmò autografi.
Ogni tanto lo tormentava
un dubbio: e se quello che aveva scritto fosse stato semplicemente reale? Se
quel che aveva trovato in quel vecchio baule fosse stato davvero un diario col
resoconto di eventi passati di cui si era voluta cancellare la memoria?
In fondo, si chiedeva,
incontrando una qualsiasi persona, come facciamo a sapere se dietro la sua
fronte c'è davvero una soggettività simile alla nostra, o invece solo il
programma di un computer in grado di far replicare a quella simulazione i
comportamenti umani?
Ma un conto sono i dubbi
metafisici, e un altro conto è la vita concreta, una vita che procedeva serena
e regolare, e che era stata ricca e longeva.
Si rivolse alla moglie.
“Mia cara”, disse, “ti
prego, fai entrare tutti!”
Annie chiamò dentro la
stanza il genero, la nuora e i nipoti.
Il vecchio passò lo
sguardo in giro, abbracciando con esso tutti quanti.
“Miei cari”, disse, “vi
voglio bene”.
Poi chiuse gli occhi
abbandonando la testa sul guanciale e lasciandosi andare.
Il computer centrale
prese una decisione: ora che l'ultimo essere umano era morto, il programma non
serviva più.
Di colpo, miliardi di
simulazioni di esseri umani scomparvero, lasciando un pianeta deserto e
silenzioso.
Bel racconto con finale a sorpresa!
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