domenica 17 dicembre 2017

AMORE INCONFESSATO di Paolo Secondini


«Non mi ha mai dimostrato la sua simpatia, né la sua benevolenza, signorina Luisa. E pensare che io l’amavo immensamente, seppure in segreto… Non ha mai compreso il mio sentimento inconfessato; né dal mio sguardo, dalla mia compostezza, dalla mia attenzione, dal mio silenzio ha colto quello che in ogni momento provavo per lei. Oh, l’amavo! Sì! Io l’amavo! Non so dirle con esattezza che cosa di lei mi avesse colpito: se gli occhi azzurri, grandi, se le labbra rosse e carnose, se i lunghi capelli sciolti sulle spalle. Può darsi sia stato l’insieme del suo aspetto grazioso, gentile, ad avere esercitato su di me un fascino irresistibile… Pendevo dalle sue labbra quando, seduta dietro la cattedra, lei parlava di letteratura, di storia, di geografia. Le sue lezioni erano interessanti, piacevoli, rese tali anche dalla sua voce calda e vellutata – appena un sussurro –, che lambiva il mio cuore come una dolce carezza… Oh, signorina Luisa! Che bei ricordi e che nostalgia delle sue ore di lezione! Sedevo in fondo alla classe – ricorda? –, da solo nel banco. Ero il più alto e grande perché ripetente. Avevo quindici anni, allora: pochi, purtroppo, per dichiararle il mio amore – sognavo di farlo stringendo la sua mano tra le mie –, per sposarla, per abbracciarla, per baciarla… Saremmo stati felici insieme, ne sono sicuro… Ma lei, ripeto, non ha mai compreso i miei sentimenti nei suoi confronti o, probabilmente, li ha sempre ignorati in modo deliberato. A volte pensavo che mi detestasse – non so per quale ragione –, che mi odiasse. Sì, sì, non poteva essere diversamente, specie quando mi guardava con un’espressione un po’ dura, arcigna, che non le era abituale… Sono io, ora, che detesto lei, che la odio dal profondo del cuore; ora che sono un uomo di più di trent’anni e lei una donna di oltre sessanta. La detesto, sì, la odio, per avermi lasciato soffrire… Spero che adesso, guardando i miei occhi, mentre stringo con le mie mani il suo collo sottile, lei comprenda il male che le voglio... E dire che l’amavo, signorina Luisa! Sì, l’amav… Ma che succede? Come è possibile? Il suo collo resiste alla pressione delle mie dita robuste, si ingrossa, si indurisce… Non riesco a stringerlo, per quanto mi sforzi. Non ce la faccio. Ma… ma… chi è lei? Che cos’è? Non un essere umano. No, no… Non può esserlo. Le sue fattezze sono di colpo mutate… sono terribili, spaventose, irreali… Un mostro… un mostro… Lei… lei è un mostro raccapricciante…»
«Un mostro? No! Mi considero semplicemente un hectoniano sotto mentite spoglie,» disse infine l’anziana Luisa, interrompendo il soliloquio dell’ex alunno, «venuto su Terra per conoscere i suoi abitanti, per studiarli, per capirli… E capivo perfettamente che provavi per me quello che voi terrestri chiamate amore. L’ho provato anch’io per te – dovevo sperimentare ogni cosa: pensare, sentire, agire… calarmi completamente in voi, per sembrare in tutto e per tutto simile a voi – ma non potevo dimostrartelo. No! Per diversi motivi: innanzitutto – e questo è già di per sé sufficiente – perché ero la tua insegnante… Ma l’ho provato, e abbastanza forte, credo, tanto è vero che, contrariamente ad alcuni ragazzi scomparsi nella tua città e dintorni, ti ho risparmiato.»
Un’espressione stupita sostituì quella di orrore sul viso dell’uomo.
«Che cosa vuol dire che mi ha risparmiato?» domandò.
«Non ti ho ucciso, non ti ho fatto a pezzi, non ti ho divorato, come avrei dovuto per un impellente bisogno naturale, e come mi accingo a fare adesso.»
«No, no, no! Non può, signorina Luisa. Lei… lei ha detto… di amarmi…»
«Un tempo, certo! Cose del tutto passate, mio caro! Ma ora basta parlare. Basta!» urlò con voce stentorea, gracchiante, del tutto inumana.
Poi l’anziana Luisa emise una risata sonora, terribile. Si avvinghiò, con le braccia lunghe e nere come tentacoli, al corpo tremante dell’uomo, che non tentò alcuna difesa di se stesso. Infine, con un morso della sua bocca enorme e irta di denti acuminati, gli staccò la testa dal busto.
Per un po’ si udì solamente il sinistro rumore di ossa maciullate.
 

1 commento:

  1. Oddio!
    Certo la fantasia in questo racconto non manca. Fantascenza, horror, comico. Davvero spassoso.

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