“Non mi piace!”, urlò il
bambino, sbattendo con forza il cucchiaio sulla tovaglietta di plastica a
righe.
Uno schizzo di minestra
brodosa raggiunse la donna china sul tavolo, la cui espressione benevola si
trasformò, nel giro di un istante, in un ghigno. “Guarda cosa hai combinato!”,
esclamò, indicando la macchia verdastra che spiccava sul golfino di lana beige.
“Ora dovrò cambiarmi. E pensare che l’avevo lavato proprio ieri”.
“Non mi piace la
minestra”, ribadì, a voce più bassa, Billy. “Perciò non ho intenzione di
mangiarla”.
La mamma, che si stava
dirigendo verso la camera matrimoniale, si voltò a metà. “Appena tornerà, lo
dirò a tuo padre”.
Il bambino riavviò il
ciuffo biondo che gli copriva la fronte, e fece spallucce.
Il suo gesto noncurante
non passò inosservato. Mary, indispettita, tornò indietro un attimo prima di
varcare la soglia della camera da letto. “Ne ho abbastanza dei tuoi capricci”,
sentenziò. “Se non finirai la minestra, per punizione non ti farò vedere la
TV”.
“Sai quanto me ne
importa!”, replicò Billy, mettendo il broncio.
“Va’ immediatamente in
camera tua a meditare sul tuo comportamento!”, ordinò la donna. Il limite della
sua pazienza era stato superato da un pezzo.
Il bambino ritenne più
prudente obbedire, e si avviò, borbottando qualcosa di inintelligibile, verso
la stanza accanto a quella dei genitori.
Dopo qualche minuto, si
udì il rumore della porta di ingresso che si apriva. “Sono a casa”, annunciò la
voce tenorile dell’uomo che si stava togliendo la giacca.
“Ciao, caro”. La moglie
si precipitò nell’atrio, accogliendolo con un lieve bacio su una guancia.
“Purtroppo anche stasera Billy ha fatto i capricci”.
John appese la giacca
all’attaccapanni, posò la valigetta sulla cassapanca accanto a esso, e commentò
“Cerca di capirlo: la nostra situazione lo indispettisce”.
“Ci sto provando,
credimi”, replicò la donna. “Ma il suo atteggiamento intransigente mi
esaspera”.
“Vado a parlargli”,
concesse l’uomo. “Tienimi la cena in caldo”.
Il bambino era seduto
sul letto, a gambe incrociate, e fissava la parete di fronte a lui. La sua
espressione era tanto seria che sembrava molto più vecchio dei suoi sette anni.
Dopo essersi seduto
accanto a lui, John gli scompigliò i capelli con affetto, e sciorinò il
discorso che gli propinava ogni volta che faceva arrabbiare la mamma,
aggiungendo qualche altro concetto. Anche se le varianti non lo rendevano meno
noioso, Billy finse di ascoltarlo con la dovuta attenzione.
“O.K!”, disse, quando il
padre ebbe terminato la lunga esposizione. “Prometto che ce la metterò tutta
per obbedire alla mamma”.
“E mangerai qualsiasi
cosa abbia cucinato per noi”, aggiunse l’uomo.
Billy annuì, pensieroso.
“Dammi solo un minuto”.
“Te ne dò cinque”,
acconsentì John. “Ti aspettiamo a tavola”.
Appena l’uomo fu uscito,
il bambino aprì l’anta dell’armadio, si piazzò davanti allo specchio ed esaminò
il suo aspetto. “Davvero crede che siamo più belli con questa forma?”,
borbottò, a bassa voce. Un’immagine balenò nella sua mente: grossi esseri
simili a lombrichi che brucavano l’erba blu elettrico sotto un cielo giallo
paglierino. “Ho capito che siamo esploratori, ma stare sulla terra non mi
piace”.
Sforzandosi di esibire
un sorriso sull’espressione rassegnata che aveva sul viso, aprì la porta.
Mentre sedeva a tavola, davanti alla minestra riscaldata, rifletté che anche i
bambini avrebbero dovuto avere diritto di voto, quando si trattava di
trasferirsi su un altro pianeta.
Racconto molto bello, questo di Teresa, di piacevole lettura, per lo stile lindo, scorrevole.
RispondiEliminaForte questo raccontino. Il finale non me l'aspettavo.
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