mercoledì 24 gennaio 2018

REINSERIMENTO SOCIALE di Fernando Sorrentino


Alla memoria del mio idolatrato K.

Passammo la nostra luna di miele a Bariloche. La sera di un sabato tornammo a Buenos Aires desiderosi di inaugurare il nostro bilocale.
In camera da letto trovammo una gabbia.
Era identica, seppure più grande, alle gabbie per pappagalli. Aveva una base circolare di circa tre metri di diametro e sbarre verticali che, come meridiani, si andavano riunendo in alto fino a culminare in un vertice acuto che sfiorava il soffitto
Per fare spazio alla gabbia avevano spostato il letto e i comodini nel settore pranzo e avevano compresso contro una parete la tavola e le quattro sedie. Ostruite dal letto sarebbe stato difficile aprire gli armadi. Mobili, pavimento e pareti mostravano colpi e strisciate.
Dentro la gabbia c’era un uomo pallido dai capelli rossicci. Dava l’impressione di estrema accuratezza, anche un po’ anacronistica. Vestiva un doppiopetto nero, con fini righe grigie, camicia bianca inamidata, cravatta scura; scarpe nere ben lucidate; sulle ginocchia teneva un cappello grigio, altrettanto pulito, altrettanto antiquato e altrettanto nuovo come il resto della sua persona. Questi elementi di un’altra epoca che parevano appena prodotti mi ispirarono una idea molesta di utensileria, di mascheramento, di ricostruzione archeologica.
Tutto questo lo riscontrammo più tardi. Da principio Susana ed io rimanemmo turbati. L’uomo attese che ci calmassimo e disse con tono monotono:
— Non vi aspettavo oggi. Secondo le mia informazioni — consultò un libretto — avreste dovuto tornare domani notte. Il cronogramma è ben chiaro: “venerdì 12, installazione del tutelato; sabato 13, giornata di adattamento fisico e psicologico; domenica 14 arrivo dei tutori”. E oggi, se non sbaglio, è sabato 13.
— Certamente — risposi — abbiamo anticipato il ritorno. È sgradevole tornare poche ore prima di dover riprendere il lavoro.
— È più spiacevole ricevere gente prima del previsto. Al signor Rocchi non piacciono queste mancanze di formalità che, peraltro, disturbano i miei progetti per questa notte.
— Il signor Rocchi? Il proprietario dall’azienda immobiliare?
— Chi se no? Lui personalmente si è occupato di effettuare le pratiche necessarie. Sono faccende non semplici né rapide. Però il signor Rocchi sostiene che tutti i cittadini debbano impegnarsi col massimo zelo per applicare e far applicare le leggi.
Decisi di rimettere le cose a posto.
— Leggi? Che leggi sono queste? E da quando questo Rocchi, un semplice commerciante, ha il potere di far applicare le leggi?
L’uomo continuò, sempre con tono monotono:
— Lei è una persona che ancora non conosce la vita. Inoltre le nozze le hanno impedito di rendersi conto di certi cambiamenti introdotti nella legislazione relative agli immobili. Per esempio il signor Rocchi è adesso un magistrato. E anche lei è, entro certi limiti, un magistrato.
— Io un magistrato? — tentai una risata incredula.
— Non proprio: piuttosto una specie di ausiliario dei magistrati.
— Dunque un ausiliario del signor Rocchi?
— Sarei imprudente nell’anticipare le decisioni delle autorità. Tuttavia — abbassò la voce — può prendere questa informazione come strettamente confidenziale.
— E perché mi fa questa confidenza?
— La mia regola d’oro, signore, è saper convivere. Dal momento che passeremo abbastanza tempo sotto lo stesso tetto…
— Abbastanza tempo sotto lo stesso tetto!
— Così è, signore. Io sono più vecchio di lei: trent’anni, o forse più. Ho progredito poco; mi trovo nel gradino più basso della scala carceraria: sono solo un prigioniero. In cambio lei è ancora un uomo libero e ha già raggiunto il primo livello nella carriera carceraria: il grado di ausiliario.
Allora esplose Susana:
— Mai nella mia vita ho sentito tante stupidaggini tutte assieme! Il problema principale è: cosa diavolo sta facendo quest’uomo con la sua orribile gabbia nella nostra camera da letto? E inoltre: chi e perché ha spostato il letto e i comodini in camera da pranzo? Chi pagherà i danni che sono stati prodotti con il trasloco?
— Mia giovane signora, non posso approvare i toni, un po’ aspri, della sua preoccupazione. Vi sono questioni di ordine pratico. Lo spostamento del letto è stato inevitabile perché, in caso contrario, non si sarebbe potuto sistemare la gabbia in modo regolamentare. Chi pagherà i danni? Le autorità progettano di creare squadre di operai delle diverse specializzazioni, che, per una modica spesa, rimetteranno in ottimo stato i mobili e le pareti. Però lei prima ha domandato cosa diavolo faccio io con la mia orribile gabbia nella sua camera da letto. A mia volta le chiedo: crede che io mi trovi qui per mia propria volontà? Pensa che mi faccia piacere essere un tutelato?
— Ma a me non interessa se lei si trova qui per sua propria o per altrui volontà. Ciò che non posso sopportare è la sua gabbia nella nostra camera da letto.
— Non è una gabbia: questo termine ha la sgradevole connotazione di animali in cattività, idea opposta allo spirito umanitario che guida le nostre autorità. Nemmeno si può dire cella o carcere. Il suo nome tecnico è “ricettacolo di reinserimento”.
Questa rettifica irritò ancor più Susana:
— Perché nella nostra camera da letto? Perché nella nostra camera da letto? Perché nella nostra camera da letto? Perché? Perché? Perché?
— I deputati e senatori argentini sono persone intelligenti, colte, laboriose, austere e altruiste. In virtù di queste qualità hanno promulgato nuove leggi il cui insieme è stato denominato Regime di Reinserimento Sociale e che…
— Vuole farmi credere — lo interruppi — che lei si trova nella nostra camera da letto in virtù di queste nuove leggi?
Mise il cappello sull’indice sinistro e, prendendolo per l’ala con la mano destra, lo fece girare, mentre scuoteva la testa:
— Io sono solo un recluso: all’interno del sistema carcerario compio la funzione più umile. Voi godete del grado immediatamente superiore al mio. Dovreste conoscere la materia meglio di me. Però, in pratica, questo non succede mai, poiché io appartengo al sistema già da molti anni, mentre voi siete stati appena ammessi. Dovreste provar gioia per questa ammissione, ma non la provate: questo fenomeno, benché sia lontano dall’essere maggioritario, si presenta sempre. Quando conoscerete il testo delle nuove leggi, proverete non solo allegria, ma anche orgoglio:
Susana stringeva i pugni.
— Se mi permettono — aggiunse l’uomo — vi potrei fornire alcune informazioni sopra il Regolamento di Reinserimento Sociale…
— Sono ansioso di sentirle — la sua flemma mi risultava insopportabile.
— Le autorità, dopo aver studiato il vecchio sistema carcerario, si sono rese conto che non corrispondeva più alle esigenze della società moderna. Per conseguenza non hanno esitato a sostituirlo con un altro informato a principi di solidarietà. Mi spiego?
— Sì, sì, avanti — agitai le mani con impazienza.
— Il Regolamento di Reinserimento Sociale si basa su due principi correlati: A e B. Mediante A, si determina il progressivo reinserimento del prigioniero nella società; mediante B, si sostituisce il vecchio sistema di unità carcerarie collettive con altre di unità carcerarie individuali. Le ditte immobiliari distribuiscono i prigionieri nelle nuove abitazioni e, grazie a questa misura, le vecchie carceri vengono demolite per far spazio a parchi e piazze.
— Ma perché nelle nuove abitazioni?
— Quelle vecchie non hanno sempre condizioni estetiche gradevoli e possono influire in maniera negativa sulla psiche del prigioniero. Al contrario, un ambito moderno adattato a prigione influisce in modo molto benefico sul suo reinserimento nella società. Inoltre custodire un recluso deve causare gran gioia nei nuovi padroni di casa: è come se…
— Allora Susana ed io siamo i suoi guardiani e lei è il nostro prigioniero?
Deluso, tornò a scuotere la testa:
— Le autorità non usano i termini guardiani e prigionieri. Utilizzano tutori e tutelati, termini che si adeguano al principio A del sistema: il progressivo reinserimento del prigioniero nella società. Non vi sembra giusto?
— Ma io vedo che tanto le autorità quanto lei utilizzano la parola prigioniero.
— Questo solo in forma di metafora poetica, affinché i tutori comprendano le loro funzioni.
— Funzioni?
— Diciamo compiti. Sono pochi e semplici. Devono solo procurarmi, in quantità e qualità adeguate, pasti, abiti, assistenza medica e psicologica, esercizi di ginnastica, condizioni basiche di igiene, eccetera… Insomma le cose materiali a cui ha diritto un essere umano in quanto tale. È anche prevista la riabilitazione spirituale del tutelato mediante lo svago e l’informazione: mi spettano riviste, libri, televisore, impianto stereo…. Due sere alla settimana, martedì e giovedì, mi vengono a far visita degli amici di una certa età, persone che amano le carte e i dadi, che devono essere serviti di pasticcini e bevande.
— E quanti sarebbero?
— Mai più di otto o dieci. Così pure non ho abbandonato le mie pratiche sessuali: la sera di ogni sabato ricevo la signorina Cuqui, una bella ragazza, affascinante e colta. Una giovane con tanti pregi non potrebbe innamorarsi di me, per cui voi dovreste anche retribuire i suoi favori. Non conosco la tariffa perché odio occuparmi di cose così triviali come il denaro. Piuttosto devo ricordare che mi piace la musica e tre volte alla settimana (lunedì, mercoledì e venerdì) prendo lezioni di batteria da un ragazzo, affezionato alla musica delicata, che suona il rock e che non ha grandi pretese per il pagamento.
— Ma — chiese Susana — come potremmo farci carico di tante spese?
— Non ho mai avuto fortuna — tornò a scuotere la testa —. Altri colleghi sono stati alloggiati presso famiglie con una solida posizione economica… A volte la vita è ingiusta… Io vi consiglierei di descrivere il problema in una lettera-documento; a questa si deve allegare una nota aggiuntiva in originale più quattro copie in carta da bollo, controfirmata da un perito contabile ed un notaio; questa nota riporterà il dettaglio dello stipendio ed altre entrate in modo che i tutori possano evidenziare un considerevole bilancio negativo. Le autorità si impegnano a risolvere i problemi creati dai tutori; è perfino possibile che vi onorino di un contributo per tutori.
Tacque facendo capire di aver esagerato nel rivelare questa condizione di favore. Dovetti domandare:
— In cosa consiste il contributo per tutori?
— Consiste in un diritto ed un dovere. Per il primo aspetto le autorità vi procureranno adatti impieghi notturni: per esempio, il signore potrà far parte delle maestranze di qualche stazione ferroviaria dei dintorni di Buenos Aires; per quanto riguarda la signora, non credo che la signorina Cuqui si negherà a iniziarla nei misteri del suo apostolato. In cambio di questi privilegi, avrete l’obbligo di seguire i Corsi Olistici di Perfezionamento per Tutori: le sue tariffe sono abbastanza ridotte e i corsi si tengono nella città di Luján.
— A Luján! — dissi stupidamente — Così lontano?
— Mi non vi è obbligo di richiedere il contributo — rispose e aggiunse, sbadigliando — È già quasi ora di cena. Non ho gusti speciali: mi va bene qualunque cosa purché sia abbondante, variata, ben condita e accompagnata da vino rosso di ottima qualità.
Susana corse in cucina.
— Faccio sempre il bagno prima di cena. Questa è la chiave della cella.
Me la passò attraverso le sbarre. Aprii la porta e l’uomo uscì. Teneva in mano una piccola borsa sportiva che contrastava con la severità dei suoi abiti. E da questo contrasto emergeva adesso una paradossale sensazione di salute, forza, benessere.
— Non è necessario che tenga la chiave. La tengo io per entrare ed uscire perché mi dispiace disturbare la gente. Signora! — gridò — Può alzare un po’ il riscaldamento, per favore? E lei — mi disse — mi passi l’asciugamano pulito e non si dimentichi, per domani, di comprarmi una confezione di shampoo speciale per capelli tinti.
Obbedii. Si mise l’asciugamano attorno al collo; uscimmo dalla camera da letto e ci trovammo di fronte al bagno.
— Oso ricordarle che oggi è sabato ed è il giorno in cui viene la signorina Cuqui. Siccome è una persona molto pudica potrebbe trovarsi a disagio incontrando degli estranei per cui, per favore, questa notte, verso le undici e trenta, lei e la sua signora mi faranno la cortesia di uscire.
Appoggiò la mano alla maniglia:
— Utilizzo la camera matrimoniale: la scomodità della cuccetta regolamentare è sfuggita alla perspicacia delle autorità. Ah… lenzuola pulite, vi prego.
— E… quanto durerà… tutto questo?
— Potete rientrare alle tre e mezza o quattro delle mattina. Suoni una volta sola; se non riceve risposta, non insista; la signorina Cuqui è molto energica e quando termina il lavoro di solito cado in un sonno tanto meritato quanto profondo: in questo caso fate un giretto e rientrate alle dieci in punto: prima di quest’ora starò ancora riposando, e non rientrate nemmeno dopo le dieci, perché sono solito fare colazione alle dieci e un quarto.
Entrò nel bagno. Riuscii a chiedergli:
— A quanti anni è stato condannato?
— All’ergastolo — rispose e le sue parole giunsero soffocate dal rumore della doccia.

 
[Da: Los reyes de la fiesta, y otros cuentos con cierto humor, Madrid, Apache Libros, 2015, págs. 173-185. Taduzione di Alessandro Finzi]

 

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