domenica 24 febbraio 2013

QUESTO DISCO NON ESISTE di Giuseppe Novellino

    


     - Questo disco non esiste.
     - Come sarebbe a dire?
     - Ti dico che l’Equipe 84 non l’ha mai inciso.
     - Allora, come mai si trova nella collezione della mia povera sorella?
     Rigiro tra le mani il 45 giri e comincio a provare un lieve capogiro.
     La custodia è molto sciupata, in un angolo macchiata da quello che sembra caffè. Riproduce, sulle due facciate, un bosco rischiarato dalla luna e il nome del complesso a caratteri gotici. E poi ha, come le altre, quell’odore di muffa.
     Estraggo il disco.
     - L’Equipe 84 non ha mai avuto nel repertorio una canzone con questo titolo – ribadisco. Sul lato A, infatti, spicca il titolo: “666” di Nepomuceno Ghislander.
     Giro e osservo il lato B. Qui il brano indicato è “Foschia notturna” dello stesso autore.
     - Incredibile! – esclamo. E lascio cadere il disco sul tavolino.
     Si tratta di un’incisione dell’epoca, senza dubbio. Ma il vinile, pur essendo infilato in una custodia logora, sembra vergine, come se non sia mai stato fatto girare sul grammofono. E sull’etichetta si vede la data: 1966.
     - A quell’epoca, l’Equipe era all’apice del suo successo, se non erro – osserva il mio amico Michele. – Può darsi che avessero inciso due canzoni che di solito non eseguivano. – Spalanca tanto d’occhi e si porta le mani sulle guance. – Stai a vedere che sono in possesso di un disco raro! Magari vale una fortuna.
     - No, no – faccio, scotendo nervosamente la testa. Ti dico che questo disco non dovrebbe esistere.
     Ci sediamo e rimaniamo per un momento in silenzio.
     Michele mi ha invitato a casa sua, in cima alla collina, per farmi vedere che cosa ha scoperto nel fondo di una cassapanca abbandonata in cantina. Una sessantina di vecchi 45 giri e un mangiadischi che appartenevano a sua sorella Maria, morta nel 1966 in un incidente stradale. Era molto più grande di lui. Michele aveva solo tre anni, all’epoca della disgrazia. Lei, appassionata di musica leggera, ballava divinamente. Lui succhiava ancora il latte dal biberon. E in seguito sarebbe diventato un cultore di musica classica.
     Poiché conosce il mio interesse per le canzoni degli anni ’60, ha voluto farmi partecipa della scoperta. Così mi ha chiamato e l’ho raggiunto, in macchina, nella sua dimora solitaria.
     - L’esperto sei tu – mi dice dopo un po’.
     - Io ho una pubblicazione con tutti i dischi, le esibizioni e i concerti dell’Equipe 84. Ti posso assicurare che questo non figura.
     - Il complesso avrebbe potuto inciderlo all’estero – fa Michele con voce chioccia.
     - No, è della Ricordi. Non vedi l’etichetta?
     - E allora, di che razza di mistero si tratta?
     Mi alzo in piedi.
     - Non ci resta che ascoltarlo – dico.
     Afferro il disco e mi avvicino al hi-fi del mio amico. Lo metto sul piatto e poi mi giro verso di lui. – Tua sorella amava l’Equipe 84, dunque.
     - Sì – conferma lui – e anche altri complessi italiani come i Rokes, i Camaleonti, i Dik Dik…  Naturalmente andava matta anche per i Beatles e i Rolling Stones.
     - Però questo non l’avrà mai ascoltato.
     - Come fai a dirlo?
     Gli faccio notare che i solchi sembrano nuovi, benché impolverati.
     - Forse l’avrà sentito una volta – spiego, - ma non di più.
     - Ascoltiamolo noi, allora! - propone il mio amico, accavallando le gambe con uno scatto nervoso.
     Accendo l’apparecchio e metto la puntina sul vinile.
     Niente. Non si sente alcuna musica. Alzo il volume, senza il benché minimo risultato. Giro il disco su lato B. Ancora nulla. Torno sulla facciata di “666”.
     Allora mi viene il mente una cosa: - Hai detto di avere trovato un mangiadischi, nella cassapanca?
     Michele fa una risatina. – Ma se non riusciamo a sentirlo sul mio giradischi moderno…
     - Proviamo.
     Finalmente infilo il 45 giri nella bocca del vecchio strumento e quello, con uno scatto, lo fa partire.
     - Ma le pile… Non ci sono le pile! - Quello di Michele è un autentico grido.
     Infatti, ho fatto l’operazione senza pensarci.
     Ma il disco, incredibilmente gira. La puntina scorre sui solchi di “666”.
     Ma che strano! Niente chitarre, niente batteria, niente voce di Maurizio Vandelli. Solo un suono: un “uhuuu” continuo, monotono, una specie fischio, lugubre e cupo.
     - Ma questo disco… non è inciso – dice Michele con voce strozzata.
     Così pare. Eppure ha tanto di etichetta e di custodia. E poi gira, alla giusta velocità, nel mangiadischi senza pile.
     In quel momento, mentre l’arcano suono si diffonde nel locale, mi afferra un pensiero: quello della mia auto, là fuori, e della lunga strada, tutta curve, che mi aspetta nella foschia notturna.
     Rabbrividisco.
    
 (Pubblicato per gentile concessione dell’autore)
    
   

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