martedì 27 maggio 2014

IL CORRETTORE DI BOZZE di Sauro Nieddu



Squilla il telefono interno.
Signor Malastorta! C’è il rappresentante della Vegan Imp-export in linea…
Passamelo, Carla.
Paolo Malastorta preme il tasto del vivavoce. Attende che la voce del fornitore si faccia sentire.
Buonagiornata, Malastorta. Chiamo per quella partita di ossidiana aurea cont…
Mi stia bene a sentire, Sherman! L’ossidiana che mi avete spedito è fuori dai canoni qualitativi pattuiti. Tutto qui. Avevate garantito dodici tonalità di riflessi differenti. I miei esperti, al controllo, ne hanno percepito al massimo nove, e nelle lastre migliori. Come la mettiamo?
Sherman esita.
Devo dissentire, mi spiace… I nostri esperti confermano che quella partita era della miglior qualità. Ho davanti le perizie; dicono che le lastre meno pregiate hanno fino a tredici tonalità…
Certo, capisco… risponde Paolo Malastorta, improvvisamente mellifluo ma ho idea che le vostre misurazioni siano state effettuate su Vega, sbaglio?
No, è vero…
Ammette la voce del fornitore.
E può darsi che sotto la luce di Vega, il materiale appaia piuttosto diverso da come appare invece sotto la luce del Sole. Mi sbaglio?
No, è possibile…
Ammette ancora.
Ma quell’ossidiana servirà a decorare le abitazioni terrestri, non quelle vegane, e il contratto dice chiaramente…
Capisco il suo punto di vista… lo interrompe Sherman potremmo venirvi incontro con uno sconto del dieci per cento.
Sherman, non mi faccia ridere. Per quella robaccia vi posso dare duecento Universali al metro cubo.
Ma è la metà di quanto pattuito! Non ci paga i costi!
Allora rimandatela su Vega. Qui sulla Terra, non vale di più.
Ma rispedirla ci costerebbe…
Sono affari vostri! – ringhia Malastorta – Non vi ho chiesto io di mandarmi quella robaccia. Allora? Che avete intenzione di fare?
Forse è meglio che parli con i miei soci.
Non ha capito la situazione, vedo. Tra cinque minuti ho un appuntamento con i clienti interessati. O accetta quest’offerta, o sarò costretto a riferire che l’affare è saltato.
Ma…
I clienti sono arrivati, mi scusi. lo interrompe freddamente Malastorta La devo lasciare.
Trecento?
Duecentocinquanta, non un Universale di più.
Dal microfono, qualche istante di silenzio, poi:
D’accordo.
D’accordo allora, ora devo andare.
Malastorta si alza e fa un giro dell’ufficio, sfregandosi le mani. Poi torna alla scrivania e chiama la sua segretaria:
Carla, chiama Kristoff, e digli che purtroppo, a causa di una confusione nei trasporti, l’ossidiana che avevo ordinato è di qualità superiore a quella stabilita, sì, ha un minimo di otto tonalità. Quella che doveva arrivarmi era garantita a un minimo di sette. Chiedigli se è interessato comunque… ovviamente, ci sarà da pagare qualcosa in più, diciamo un dieci per cento; cinque e cinquanta al metro cubo.”
Mi chiamo Paolo Malastorta. Ho quarantatré anni. Mi occupo di importazione e vendita al dettaglio di materie pregiate da tutto l’universo. Quella che vi ho mostrato è una registrazione di una mezz’ora qualunque all’interno del mio ufficio.
Fosse tutta così la mia vita! Invece, mentre la mia carriera lavorativa ha raggiunto il vertice, della mia vita privata non si può dire stesso. Due matrimoni falliti, gli amici che si sono rivelati tutt’altro che tali, pessimi rapporti di vicinato… insomma, nonostante abbia raggiunto il massimo sul lavoro, o forse a causa di questo, del resto della mia vita si può dire che è un disastro, anzi, meglio non dirne niente del tutto.
Però nel lavoro sono riuscito davvero bene. Sono ricco sfondato. Ricco al punto che ora posso permettermi di assoldare un correttore di bozze. I soldi possono fare tutto, anche rimettere in sesto una vita disastrata come la mia.

*   *   *
Mi ero appena alzato dal letto, non avevo neanche fatto colazione, quando suonò il campanello. Andai ad aprire personalmente. Di fronte a me c’era un ragazzone robusto, dall’aria ruspante. I capelli erano color stoppa, gli occhi verdi e lo sguardo franco. Indossava la classica tenuta nero-cangiante dei correttori di bozze. Poggiate sul pavimento accanto a lui c’erano due grosse valigie, anch’esse nere. Fece un passo in avanti allungandomi la mano.
Lei è il signor Malastorta?
Gliela strinsi, aveva una presa salda ma delicata, indice di decisione ed equilibrio.
Chiamami Paolo, e tu sei…
Giuseppe Magnusson. Beppe, può bastare.
Entra, Beppe!
Senza sforzo apparente sollevò le valige ed entrò.
Allora Paolo… disse guardandosi attorno è meglio che mi metta subito al lavoro. Se c’è una cosa che mi ha insegnato questo lavoro, è che le cose possono andare storte in qualunque momento. sorrise. ­ Prima che inizi, però, c’è una cosa che devo spiegarti.
Sediamoci dissi indicando il divano non è necessario star scomodi per parlare.
Ci sedemmo e iniziò a spiegare:
Immagino che non sappia come funziona precisamente il mio lavoro… sorrise di nuovo; era noto a tutti che i correttori di bozze non pubblicizzavano i loro metodi; solo i risultati grazie ai visori ultra-dimensionali, posso vedere con un certo anticipo quando un’azione porterà a risultati scorretti, appena mi accorgo che l’azione avrà esiti negativi…
Quando sarà appena abbozzata…
Esattamente. E allora, prima che tale situazione si ancori saldamente al Tessuto, la cancellerò col deprobabilizzatore, poi la reindirizzerò sul miglior svolgimento possibile col materializzatore probabilistico.
Questo lo sapevo già.
Gli feci notare.
Quello che non sai, invece, è che non tutti reagiscono allo stesso modo; alcuni, dopo la correzione si sentono spaesati, altri non si accorgono neppure del cambiamento, altri ancora riescono a ricordare la probabilità precedente. Nei casi peggiori subentra uno stordimento quasi catatonico. Te lo dico per prepararti. In ogni caso si tratterà di una sensazione piuttosto strana, cerca di non lasciarti prendere dal panico. Se dovessi reagire troppo negativamente, considererò nullo il contratto, mi leverò dai piedi, e tu non dovrai pagare nulla; è tutto.
Bene. Molto chiaro.
Beppe aprì una delle due valige, prese l’unità energetica e se la caricò sulle spalle. Aprì l’altra valigia, prese il Deprob e il Mater fissandoli alla cintura, poi prese i visori e…
Posso provarli?
Rispose ancora con un sorriso.
Come saprai, l’uso di quest’attrezzatura è un esclusiva dell’albo dei correttori. Se qualcuno venisse a sapere che ho prestato i visori, quelli della ditta mi caccerebbero e mi troverei in mezzo a una strada. E qualcuno se ne accorgerebbe di certo, perché una volta messi, ti fiuteresti di rendermeli; è così per tutti. Ho dovuto seguire un corso di quattro anni per riuscire a toglierli senza patemi.
Immaginavo…
Indossò i visori.
Dovrò essere la tua ombra, ma cercherò di essere discreto; so che a nessuno piace sentirsi continuamente sorvegliato.

*   *   *
Paolo Malastorta parcheggiò la sua aero-limousine davanti alla sede della Malastorta SPA. Scese, varcò la soglia, e intravvide subito la sagoma di Kristoff che faceva avanti e indietro nella hall; sapeva che avrebbe abboccato. Attraversò impazientemente la stanza. Quando passò davanti alla reception, Chiara cercò di richiamare la sua attenzione. Lui le fece un gesto brusco con la mano per metterla a tacere. Senza notare l’espressione delusa della ragazza, si diresse, come uno squalo, dritto sul cliente.
Il correttore di bozze sollevò il Deprob e spazzò la scena. Con un movimento fulmineo, prima che potesse rimaterializzarsi spontaneamente, la inondò col Matter.


Paolo Malastorta parcheggiò la sua aero-limousine davanti alla sede della Malastorta SPA. Scese, varcò la soglia, e intravvide subito la sagoma di Kristoff che faceva avanti e indietro nella hall; sapeva che avrebbe abboccato. Attraversò impazientemente la stanza. Quando passò davanti alla reception, Chiara cercò di richiamare la sua attenzione, Paolo la notò, si accostò alla scrivania circolare in cui era ingabbiata la ragazza.
Signor Malastorta, ha chiamato…
Ciao Chiara. – la interruppe Oggi è il tuo compleanno, vero?
Sì, ma…
Passami il microfono.
La ragazza, esitante, gli passò il microfono.
Dovresti anche accenderlo…
Le fece notare gentilmente. Poi accostò il microfono alle labbra. La sua voce irruppe improvvisamente in ogni angolo dell’edificio.
Signori dipendenti, signore dipendenti. Qui parla il capo; vorrei annunciare che oggi, in onore del ventisettesimo compleanno della signorina Chiara Scorza, della reception, l’orario di lavoro sarà ridotto per consentire adeguati festeggiamenti. La serata è libera per tutti.
Dopodiché andò a raggiungere Kristoff.
Chiara avvampò come una torcia, anche se in fondo ai suoi occhi, si vedeva chiaramente una scintilla di soddisfazione.
Beppe si affiancò a Paolo.
Com’è stata la prima volta? Sembri ok…
Perfetto, ho perfino un vago ricordo… come se l’impazienza di parlare con Kristoff  mi avesse indotto a un comportamento antipatico… ma in questa realtà non è mai accaduto, giusto?
Giusto. Perfetto.
Confermò Beppe.

*   *   *
Paolo Malastorta rientrava a casa dall’ufficio. Era seduto sul sedile posteriore di un aero-taxi; la sua aero-limousine aveva dato qualche segnale preoccupante, e lui, per non rischiare danni maggiori, aveva chiamato un aero-meccanico a prelevarla sul posto di lavoro. Beppe, discreto come sempre, stava seduto di fianco a lui ma era come se non ci fosse. A un incrocio, vide l’insegna di una pasticceria; La Pesca e il Cannolo. Era da una vita che non passava di lì; aveva quasi dimenticato che esistesse. Gli sovvennero ricordi dell’università, quando tra una pesca, un cannolo e qualche birra, ci si passava la mattinata. Fece al tassista di fermarsi.
Il correttore di bozze si mise in azione.


Paolo Malastorta rientrava a casa dall’ufficio. Era seduto sul sedile posteriore di un aero-taxi; la sua aero-limousine aveva dato qualche segnale preoccupante, e lui, per non rischiare danni maggiori, aveva chiamato un aero-meccanico a prelevarla sul posto di lavoro. Beppe, discreto come sempre, stava sedudo di fianco a lui ma era come se non ci fosse. A un incrocio, vide l’insegna di una pasticceria; La Pesca e il Cannolo. Era da una vita che non passava di lì; aveva quasi dimenticato che esistesse. Gli sovvennero ricordi dell’università, quando tra una pesca, un cannolo e qualche birra, ci si passava la mattinata. Guardò l’insegna che si allontanava. Non era più uno studente, e i dolci lo facevano ingrassare. Con un certo stupore, si rivolse al correttore di bozze.
Questa non l’ho davvero capita!
Se fosse così semplice capire, la gente non commetterebbe più errori. E io non avrei bisogno di questi visori per fare il mio lavoro.
Paolo continuò a fissarlo interrogativamente.
Non dovrei, ma per una volta posso fare un eccezione; stavi per incontrare un vecchio amico, ti saresti fermato a scambiare due battute, avresti ripreso a frequentarlo. Ti posso assicurare che sarebbe andata a finire male.
Paolo alzò le spalle e non ci pensò più; dopotutto lo pagava per quello.

*   *   *
Paolo Malastorta era nel suo ufficio, concentrato nella lettura di un contratto. Si trattava di un’importante fornitura di xeno-diamanti di Betelgèuse VIII; i migliori. Carla entrò portando un fascio di scartoffie da firmare. Negli ultimi giorni la ragazza aveva sempre il muso lungo e un atteggiamento scostante; un vero peccato. Accentuato dal fatto che quel giorno il suo abbigliamento fosse ancor più succinto del solito. Indossava dei fuseaux con le estremità viola opaco, che si faceva trasparente via via che lo sguardo risaliva fino alle natiche sferiche e sode. Il seno non poteva che essere artificiale, ma era comunque un belvedere, sostenuto da un corpetto che non arrivava a coprirne i capezzoli, truccati all’ultima moda.
Carla, si può sapere che ti prende? Hai qualche problema?
Preferisco non parlarne, mi scusi.
Rispose brusca.
Ma io preferisco non avere attorno dipendenti stressati, preferisco licenziarti a questo punto.
Se la mette così… fece con la voce che si addolciva sarò franca; lei ha fatto tutta quella manfrina per il compleanno di quella troietta della reception. Non lo aveva mai fatto per nessun altro. Ecco, l’ho detto; sono gelosa.
Terminò accostando pericolosamente i seni enormi alla faccia di Paolo.
Capisco…
Rispose Paolo. Anche se pensava che, se mai c’era una troietta alle sue dipendenze, non era certo Chiara.
Beppe entrò in azione.


Paolo Malastorta era nel suo ufficio, concentrato nella lettura di un contratto. Si trattava di un’importante fornitura di xeno-diamanti di Betelgèuse VIII; i migliori. Carla entrò portando un fascio di scartoffie da firmare. Negli ultimi giorni la ragazza aveva sempre il muso lungo e un atteggiamento scostante; un vero peccato. Accentuato dal fatto che quel giorno il suo abbigliamento fosse ancor più succinto del solito. Indossava dei fuseaux con le estremità viola opaco, che si faceva trasparente via via che lo sguardo risaliva fino alle natiche sferiche e sode. Il seno non poteva che essere artificiale, ma era comunque un belvedere, sostenuto da un corpetto che non arrivava a coprirne i capezzoli, truccati all’ultima moda.
Dopo che ebbe poggiato le carte sulla scrivania, Paolo la guardò uscire scuotendo la testa. Poi ebbe una specie di sussulto. Bruscamente si guardò attorno e fissò Beppe con odio:
Si può sapere che cazzo ti è venuto in mente? Stavo per portarmela a letto!
Beppe alzò le spalle.
È meglio così, credimi.
Paolo scattò in piedi, tremante, con le vene del collo che pulsavano, in competizione con quelle della fronte.
Sei licenziato! Fuori di qui! Dannazione a te a tutti i truffatori figli di…
Beppe brandì il Deprob.
Dopo che ebbe poggiato le carte sulla scrivania, Paolo la guardò uscire scuotendo la testa. Poi ebbe una specie di sussulto. Bruscamente, si guardò attorno e fissò Beppe con odio:
Si può sapere che cazzo ti è venuto in mente? Stavo per portarmela a letto!
Beppe alzò le spalle.
È meglio così, credimi.
Paolo fece per alzarsi, poi si lasciò ricadere di peso sulla poltrona.
Non so proprio cosa darei, per provare uno di quei dannati visori…

*   *   *
Sul pianeta Ty-Hokko, davvero molto lontano dalla Terra, il Geniale Ho-Kimì, l’inventore, e unico titolare, del Sistema Correzione Bozze, allungò il pensiero destro fino a raggiungere il bottone e spense il comunicatore.
Il rapporto che gli aveva fatto il rappresentante umano dell’Albo dei Correttori era totalmente favorevole, come tutti gli altri che gli giungevano da ogni parte dell’universo; ora la maggior parte dei posti di potere erano in mano ai suoi.
Distese il pensiero sinistro per accendere il grande elaboratore, dopo averci immesso gli ultimi dati, attese. Il quadro resogli dall’elaboratore lo fece espandere per la soddisfazione; ancora pochi miliardi di vibrazioni e la prima fase si sarebbe conclusa. Stava per iniziare, finalmente, l’espansione terminale. L’intero universo sarebbe stato corretto.

3 commenti:

  1. Bel racconto quello di Sauro, ben scritto e articolato.

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  2. Davvero interessante. Per un attimo ho pensato avesse a che fare col racconto di Asimov. Invece, a parte il titolo, possiede un'originalità tutta sua.

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  3. Un'idea molto interessante per un racconto scritto bene.
    Il finale ci sta tutto.

    Danilo Concas

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