domenica 8 marzo 2015

P. ed E. di Peppe Murro



Un giorno il dio del sole fece incontrare P, l'abitante di Elea, ed E., il cittadino di Efeso.
Il  perché lo avesse fatto ristagnava solo nei meandri della sua ironia infinita di dio.
Entrambi ne avevano cantato la saggezza e la luce e forse meritavano una considerazione diversa da quel sentiero polveroso in cui aveva deciso si dovessero incontrare.
 I loro sandali alzavano appena brevi volute di polvere, il loro sguardo era assorto: P. guardava la chiarità del cielo senza nubi; E. porgeva mente ed orecchio allo sciamare del vento tra le foglie.

Si videro senza riconoscersi. Non avrebbero neppure potuto. Era divertito il dio a quella che si aspettava diventasse fra loro una diatriba feroce: per questo offrì loro un linguaggio profano.
E si sedette su una roccia, aspettando.
- Chi sei? - chiese P.
- Chi sei? - chiese E.
Si guardarono con fare altero, ma erano entrambi vecchi e subito ad ognuno di loro sembrò ridicola questa alterigia.
Quasi si sorrisero a vicenda.
- Vengo da Elea - disse P.- ed ho avuto l'onore di redigerne le leggi...
- Io sono di Efeso, e mai nessuna città ho disprezzato tanto - replicò E. e, prima che P. potesse domandare, continuò: parlavo loro del tutto che divora incessante ogni cosa senza mutare mai, e loro, ciechi e stolti, non mi hanno capito.
- Anch'io ho parlato del tutto, quella realtà perfetta e immobile che resiste sovrana ad ogni mutamento- interloquì P.
- Tutto muta, - obbiettò E., - come fuoco inesting...
- Ma il tutto come tale no, - lo interruppe P. - e il fuoco è solo un'immagine
- Sono d'accordo, - asserì E., - il discorso vero è sul tutto.
- È vero, - annuì P, - sul tutto.

Senza forse accorgersene si erano seduti  su un tratto del sentiero chiazzato da erba malaticcia d'arsura e si stavano scrutando. Si studiavano con curiosità, senza cattiveria, come due animali estranei che si incontrassero per la prima volta: dovevano ancora decidere se tirare fuori gli artigli.
E.  di colpo tossì con violenza, tenendosi forte la pancia con una breve smorfia di dolore: lo sguardo di P. forse indicò una domanda o una piccola apprensione: fa male? 
- Abbastanza, ma ormai non è così importante - rispose E.
- Già, - fece P. di rimando, - siamo vecchi, ed alla nostra età ogni cosa diviene meno importante, salvo forse vivere per intero il tempo breve che resta.
- Già, - continuò E, - e bisogna farlo servendo la verità.
Fu a questo punto che il dio fece sentire la sua voce: quale verità? siete solo umani...
I due vecchi si guardarono negli occhi, capirono all'improvviso di aver percorso lo stesso cammino. Risposero da vecchi.

Risposero all'unisono: Quella che comprende anche te, la nostra mente e le nostre preghiere, i nostri inganni e le nostre vittorie, l'ombra e la luce. Quella che ci consente di andare oltre te, e vedere le mille facce del tutto, e il cammino del nostro pensiero mai stanco.

Si alzarono con una certa fatica, si guardarono intorno con lo sguardo di chi ha capito e si capisce.
Ripresero ad andare, lentamente, come sogliono i vecchi.

4 commenti:

  1. Sapore mitologico in questo bel racconto dell'amico Peppe. Davvero interessante.

    RispondiElimina
  2. Un raccontino denso di poesia con riferimenti filosofici. Malinconica e commovente la velata riflessione sulla vita che fugge e concede all'anziano un ultimo scorcio che dovrebbe essere di saggezza. Mi è piaciuto.

    Giuseppe Novellino

    RispondiElimina
  3. Bello il racconto dell'amico Murra. Come sempre pieno di poesia dolce e riflessioni sagge. Un saluto cordiale...

    RispondiElimina