venerdì 28 giugno 2013

IL ROSETO di Sergio Bissoli

                                                                                                      
Sono da poco tempo venuto ad abitare in questo villaggio.
È una località tranquilla, senza niente di interessante nei dintorni. Non ci sono bellezze naturali, né storiche, né paesaggistiche. La campagna si stende piatta intorno a noi e il villaggio è formato da casette più o meno uguali.
Forse l’unica cosa bella qui è il roseto che appartiene alla casa dei miei vicini.
La casetta è color bianco ed è abitata da tre vecchietti, due fratelli e una sorella. Davanti alla facciata ci sono tre cespugli di rose, vecchi e rigogliosissimi. Non sono un esperto di fiori, ma non avevo mai visto prima rose così belle e grandi.
Una mattina noto che il cespuglio al centro appare ammalato; fiori e foglie sono appassite ed è evidente che la pianta sta soffrendo. Dopo alcuni giorni i petali cadono per terra e in circa una settimana l’arbusto diventa secco, con i rami gialli.
La vecchia Ida, che tutti i giorni innaffia le rose, si mostra molto dispiaciuta.
Ma un’altra disgrazia, molto più grave, colpisce la casa. Le finestre sono chiuse questa mattina e vedo arrivare gli uomini delle pompe funebri. Poco dopo vengo a sapere che Giuseppe, il fratello più anziano, è morto di infarto questa notte.
Conosco poco i miei vicini ma, per cortesia, alcuni giorni dopo partecipo al funerale.
Durante i mesi estivi quando apro le finestre al mattino resto ad ammirare le rose che spiccano come arabeschi colorati sullo sfondo bianco del muro. La vista del roseto in fiore mi dà un piacere vivo come la visione di un quadro o l’ascolto di una musica.
Poi col passare del tempo, il cespuglio di destra diventa raggrinzito; i petali cadono, i rami si piegano…. Forse qualche parassita sta divorando le radici della pianta.
Quando il cespuglio si secca e muore, il signor Arturo lavora sotto il sole tutto il giorno per sradicare la pianta, portare via i rami e livellare il terreno.
Quella fatica è stata eccessiva per il vecchio Arturo, poiché adesso egli si trova a letto ammalato di polmonite. Pochi giorni dopo vengo a sapere che l’uomo è morto.
Adesso è rimasto un solo cespuglio di rose e mi consolo a guardarlo. Ho perfino trasferito la mia scrivania vicino alla finestra.
Una mattina Ida mi chiama per chiedermi un favore, così restiamo a parlare un po’. Le faccio i complimenti per le rose stupende e per l’amore con cui le cura.
Allora lei depone l’annaffiatoio e mi fa questa confidenza:
«Quei cespugli li piantò nostra mamma, che aveva la seconda vista. Piantò un cespuglio di rose per ogni figlio nato e li dedicò a noi. Quando il primo cespuglio si seccò, mio fratello Giuseppe morì. Quando si seccò il secondo, morì mio fratello Arturo. Adesso anche l’ultimo cespuglio rimasto incomincia a deperire…. E anch’io non mi sento bene…»
In realtà il roseto non è più tanto rigoglioso.
Nei giorni seguenti la pianta lentamente diventa floscia, ingiallisce, finché si secca.
La vecchia Ida muore di aneurisma pochi giorni dopo.

2 commenti:

  1. Bel racconto, Sergio, come al solito. Il tuo stile è inconfondibile.

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  2. Fino a una decina di anni fa, mia madre conservava una pianta grassa che aveva la mia stessa età (allora 54 anni). E mi era venuto un pensiero un po' superstizioso, cioè che la pianta fosse legata in qualche modo alla mia vita. Poi la pianta morì... e io sono ancora vivo e vegeto, ringraziando Dio. Questo nella realtà. Ma nei racconti, soprattutto in quelli fantastici, ne possono capitare di tutti i colori... come in questo bellissimo racconto, scritto con elegante semplicità.

    Giuseppe Novellino

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