martedì 25 marzo 2014

GOSTA DE VIAJAR NO INVERNO? Di Michelle Papoz



Il ragazzo stava sul bordo della strada col pollice alzato. Julia esitò una frazione di secondo prima di frenare e fermarsi alla sua altezza. Il ragazzo apre la portiera, si sporge e domanda:
“Gosta de viajar no inverno?”
“Ma bene”, pensa Julia, “Per una volta che raccolgo un passeggero, non parla neanche francese”.
Il ragazzino, che pareva avere una decina d'anni aveva il volto bluastro per il freddo. Sbatte la portiera prima di domandare ancora una volta:
“Gosta de viajar no inverno?”
“Espagnol?”
“ Nâo, portugese”.
“Questo non faciliterà le nostre relazioni, io conosco si e no tre parole di spagnolo e altrettante di italiano”.
“Gosta de viajar no inverno?”
Julia sospirò, la neve si era rimessa a cadere, uno spesso tappeto ricopriva già la strada, e il crepuscolo gli dava dei riflessi malva e blu.
“Gosta de viajar no inverno?”
Tesa perché la macchina tendeva a slittare e il lato destro sfregava la ghiaia sul bordo della strada, Julia s'innervosisce.
“Mi piacerebbe che tu cambiassi ritornello. Prima di tutto, dove sei diretto? Questa è la strada per casa mia”.
Julia si dispiace di essersi irritata quando si volta verso il ragazzino e vede il suo viso imbronciato come se stesse per mettersi a piangere. Si piega per aprire la borsetta, ne toglie un pacchetto di caramelle e o mette sulle ginocchia del suo passeggero.
“Obrigada”
“Ma di niente!”
Non era difficile da capire che l'aveva ringraziata.
Il ragazzino scarta una caramella e se la ficca in bocca, ricomincia la prima operazione e tende la caramella a Julia.
“Obrigada”.
      “Nào. Obrigado”.
“D'accordo, ho capito, Obrigado”.
Il fanciullo sorrise, contento di vedere che la guidatrice aveva già imparato una parola.
“Casa mia non è più molto lontana, allora se vuoi che faccia una deviazione...”
“Gosta de viajar no inverno?”
“D'accordo, non ti domando più niente, ci fermiamo a casa mia, prendiamo una cioccolata calda e dei biscotti. Intanto che tu fai colazione, telefonerò al paese”.
Julia alza la manopola del riscaldamento. L'atmosfera nella macchina era divenuta glaciale, si sarebbe detto che la temperatura esterna fosse caduta di una decina di gradi in brevissimo tempo. La giovane donna mette la mano davanti alla griglia del riscaldamento per assicurarsi che funzioni bene. Praticamente si scotta le dita, però non poteva impedirsi di tremare, o peggio di battere i denti. Aveva fretta di arrivare a casa.
Julia s'infilò in un sentiero bordato di alberi dai rami appesantiti dalla neve. La strada che stava per lasciare s'incuneava nella foresta. Più oltre sorgevano le segherie e le baracche dove vivevano i taglialegna. La notte era fonda e la neve cadeva sempre più fitta. I tergicristalli andavano al massimo. L'atmosfera era sempre così gelida. Julia, intirizzita, starnuta. Doveva essersi presa un'influenza e la febbre la faceva rabbrividire, anche se non si era accorta di alcun sintomo premonitore di quel dannato virus, né ronzii nelle orecchie né indolenzimenti. Le sue mani s'intorpidivano sul volante. Le strofina una dopo l'altra sulle ginocchia. Il suo fiato faceva condensa. Strofina il parabrezza col dorso delle mani. Faceva veramente freschetto!
Il ragazzino non sembrava soffrire, vuotava il pacchetto di caramelle, scartandole, masticandole e deglutendole con regolarità. Julia pensa di chiedergli di smettere, poi rinuncia, lui le avrebbe snocciolato la sua eterna e incomprensibile frase, che d'altronde lei non aveva ancora cercato di analizzare, concentrata sulla guida e su quella sensazione di freddo che le penetrava fin nel midollo delle ossa. Tenta di deviare il corso dei suoi pensieri nella speranza che questo le eviti di rabbrividire. Cosa poteva fare un ragazzino sul bordo di una strada al crepuscolo? E soprattutto, da dove usciva quel piccolo portoghese?
Era eccezionale che i boscaioli fossero accompagnati dalle loro famiglie, la maggior parte erano celibi. Era preferibile, almeno non cercavano di ripartire per i fine settimana. Qualcuno, quelli che venivano dal lontano, preferivano non prendere alcun permesso. Era illegale, ma il caposquadra se ne fregava e Julia chiudeva gli occhi.

Infine arriva davanti a casa sua con il suo strano, piccolo passeggero. Julia preme il telecomando e la porta del garage si apre. Una volta parcheggiata la macchina, la giovane donna aziona di nuovo il telecomando. Il piccolo resta immobile con gli occhi fissi davanti a lui, le ginocchia seminate di cartine.
Julia scende dalla macchina, fa il giro e apre la portiera perché il ragazzino capisca che deve fare altrettanto. Non sembrava a suo agio. La sua pelle, anche se pallida, non era più marmorea. Non portava che un giubbotto lavorato a maglia troppo grande per lui, un jeans sbiadito e stropicciato che formava pieghe sopra le sue scarpe da tennis troppo grande di almeno tre misure se non di più. Quale madre poteva vestire suo figlio in quel modo?
Julia aprì la porta della cucina che dava direttamente sul garage e fece cenno al piccolo di seguirla. Lui segnò il passo. Lo osservò con curiosità: sembrava più grande, più sviluppato. Anche il viso sembrava aver perduto la rotondità dell'infanzia per prendere l'aspetto più angoloso dell'adolescenza. Julia si ripromette di prendere un'aspirina dopo essersi occupata del ragazzo. La sensazione di freddo persisteva anche nella casa ben riscaldata. Deposita la borsa della spesa sul piano del tavolo, rinuncia a cambiarsi d'abito e si sistema uno scialle sulle spalle. Poiché il ragazzo restava in piedi con le braccia ciondolanti, lo fece sedere alla tavola.
Gli prepara una cioccolata mentre va a telefonare. Riempie una caraffa di latte, la mette nel microonde, aziona il timer, poi tira fuori un pacchetto di cacao e uno di biscotti. Il ragazzo si getta su quest'ultimo.
“Parola mia, tu non mangi da otto giorni!”
“Gosta de viajar no inverno?”
Julia alza gli occhi, toglie la caraffa di latte dal microonde, ci mette due cucchiai di cacao, zucchera, stempera e mette il latte davanti al ragazzo.
“Bevi!”, gli raccomanda prima di uscire dalla cucina. Chiude la porta prima che lui ripeta la sua frase idiota, attraversa il corridoio ed entra nel suo studio. Comincia con l'alzare il termostato del riscaldamento, sebbene sia regolato sui ventidue gradi, prima di fare il numero telefonico del posto di polizia.
“Qui Julia Rouaix, ho raccolto un bambino sul bordo della strada, e non arrivo a tirargli fuori una parola comprensibile, a parte una frase in portoghese che ripete da un sacco di tempo”.
“Che età ha?”
“A saperlo! Sei tu Charly. Deve avere fra otto e dieci anni, forse più”, aggiunge Julia dopo aver pensato a quel cambiamento che le è parso di scorgere. “In ogni caso, porta dei vestiti troppo grandi per lui ed è affamato. Ti è stata segnalata una fuga?”
“No, nessuna. In compenso, tu non sei la prima a telefonarmi stasera per la stessa ragione”.
“Che cosa? Altre persone hanno raccolto dei ragazzi che facevano l'autostop?”
“Si, almeno una decina, di solito su strade isolate lontane dalla zona del villaggio, ragazzi palesemente della stessa età e vestiti con abiti da adulti. Tutti pronunciano la stessa frase: “Gosta de viajar no inverno?”. Secondo uno dei nostri stagisti che parla portoghese, significa: “Ti piace viaggiare in inverno?”
“E' assurdo!”
“Si, nessuno dei ragazzi ha voluto dire il suo nome, tutti sono affamati e storditi. Lo puoi sorvegliare fino a domani?”
“Posso fare altrimenti? Non lo posso buttare fuori con questo tempo. Mi terrà compagnia, la casa è vuota da quando...”.
“Capisco, Julia”.
“Insomma, questi ragazzi sono pure venuti da qualche parte. Tu non hai nessun indizio?”
C'è un fruscio lungo la linea. Julia capisce che Charly ha messo la mano sulla cornetta, poi riprende a parlare, la sua voce è diversa. Julia avverte un certo imbarazzo, come un malessere. Le sta nascondendo qualcosa.
“Charly, che succede?”
“Niente, se non altre chiamate dello stesso tipo. Julia, sei armata?”
“Certo, ma...”.
“Allora non perdere tempo, prendi il tuo fucile, caricalo e tienilo sempre a portata di mano”.
“Perché? Ti hanno segnalato un'aggressione?”
“Non una, diverse”.
Charly fa una pausa.
“Dove sei in questo momento?”
“Nel mio studio”.
“E il ragazzo?”
“Nella cucina, a bere cioccolata e a rimpinzarsi di biscotti”.
“Ti puoi chiudere nello studio?”
“Certo, ma...”.
“Fallo, Julia. Carica il fucile e resta barricata finché arriviamo. E' un po' fuori mano ma faremo prima possibile”.
Julia guarda fuori dalla finestra. La neve cadeva sempre molto fitta. La strada doveva essere impraticabile al momento. Anche coi loro fuoristrada, avrebbero avuto difficoltà a passare.
“Charly, non datevi pena per me. Sono capace di difendermi da quando vivo da sola. Ho molte squadre di boscaioli ai miei ordini, e non è un ragazzo che mi può impressionare”.
“Julia, ti devo lasciare. Fai come ti ho detto. Ogni minuto è prezioso”.
La comunicazione s'interruppe bruscamente. Julia posò la cornetta. Sentendo un leggero rumore, si voltò. Il ragazzo era là, le labbra sporche di cioccolata e delle briciole di biscotto attaccate agli angoli delle labbra, che gli avrebbero dato un'aria commovente se...
Stavolta Julia non poteva sbagliarsi: era ancora cresciuto, aveva raggiunto la taglia di un adolescente longilineo sviluppato troppo in fretta. I suoi vestiti si adattavano perfettamente alla sua taglia gracile. Julia stira le labbra per tentare di sorridere nonostante il freddo che le paralizzava tutti i muscoli. Non doveva lasciarsi impressionare, non era con un'arma che doveva lottare, presentiva che doveva resistere a qualcosa di molto più sottile. Il ragazzo la guardava negli occhi e quello che sentiva penetrare in lei era così insidioso, non aveva niente a che vedere con una semplice paura. L'inquietudine, l'ansia, aveva conosciuto questo genere di emozioni permanenti quando suo marito e suo figlio avevano avuto l'incidente e non erano mai più usciti dal coma.
Poi c'era stato quel vuoto terribile che aveva compensato lavorando come un uomo, come faceva suo marito. Quello che percepiva in lei e attorno a lei era più freddo dell'aria  gelida che circolava nel suo studio. Julia fece un notevole sforzo per domandarsi come mai non si fosse accorta di niente.
“Non hai forse voglia di dormire?”
Come lui sta per parlare, lei lo precede: “Lo so, Gosta de viajar no inverno?”
Il giovane resta a bocca aperta, l'aria stupita, poi replica:
“Lei è la prima a ripetere la frase”.
Doveva tentare di approfittare di questo stupore per ordire qualcosa, per tentare di addomesticare quella forza oscura.
“Allora ti sei preso gioco di me fin dall'inizio, tu parli la mia lingua”.
“No, l'ascoltavo”.
L'atmosfera era meno glaciale, lei l'avrebbe giurato. Aver fatto un simulacro di scherzo l'aiutava a distendersi. I suoi muscoli si rilassarono. Arrivò a spostarsi, ad aprire il mappamondo che serviva da bar, e a toglierne una bottiglia di whisky. Se ne servì un bicchiere colmo. Lo inghiotte, il suo stomaco si rivolta. Il ragazzo le si avvicina, lei si volta verso di lui come se non notasse l'ombra che invadeva le sue guance, scavava i suoi lineamenti. Era veramente molto bello coi capelli bruni che ondeggiavano sulle sue spalle e la barba nascente. Una bellezza che si sarebbe detta romantica, se non fosse stato per quello sguardo cupo che la sconvolgeva, la trafiggeva. Si serve un altro bicchiere.
“Perché ripetere quella frase idiota tutto questo tempo?”
“Era la sola che conoscevo prima di sentirti parlare”.
Julia avverte come un muto richiamo e non può impedirsi di guardarlo ancora. Gli trova una vaga rassomiglianza con...
Era impossibile! Sentì un brivido scendere lentamente dalla nuca alle reni. Un intenso sudore le bagna le ascelle sebbene sia gelata. Mette nel conto l'alcool, Charly le aveva detto di caricare la sua arma e difendersi. Difendersi da che cosa, da quelle mani che si tendono verso di lei?
Lo stordimento raggiunge a poco a poco l'interno del suo corpo. Gli occhi neri del giovane s'introducono dentro i suoi, la penetrano, la violano. Lei si raggrinzisce sentendo questa penetrazione malsana che però la lascia inappagata. Una forza sconosciuta si infila nel fondo del suo essere. Un potere infausto prende possesso del suo addome.
Julia presagisce che quella creatura che quella creatura impalpabile e fredda si nutrirà del suo calore, della sua carne, del suo sangue, la sente agitarsi con violenza dentro di sé, poi la tempesta si calma, non è che qualcosa di dolce che aveva dimenticato, un piccolo cuore che batte. Pone la mano sul suo ventre prossima a svenire.
“Come si chiama?”
“Non ha nome, è come me”.
“Dirà: “Gosta de viajar no inverno?”
“Dirà quello che gli insegnerai”.
“Perché io?”
“Gli altri non hanno cercato di ripetere la frase. Erano diffidenti perché noi cambiamo a vista d'occhio. Nessuno si è prestato, allora i nostri si sono vendicati”.
“I tuoi simili, forse, non hanno saputo riprodurre l'illusione adeguata”.
“Io ho penetrato la tua memoria”.
“E mi hai fecondata senza toccarmi. Noi usiamo altri metodi, più piacevoli”.
“Lo so, vieni!”
Le tende le braccia. Julia si rannicchia contro il petto del giovane.
“Charly non verrà, vero?”
“Né lui né nessun altro, nessuno dei tuoi”.
“E poi? Morirò?”
Lui carezza la sua schiena, le sue spalle, segue la linea della sua figura, delle sue anche. Julia risponde alla sua stretta con un ardore di cui non si sarebbe creduta capace. Non sentiva più il freddo. Lui mordicchiava il suo collo. Lei riscopriva il piacere, Lui la trascinò sul tappeto, la fece mettere lunga distesa. La giovane donna restava immobile, la bocca socchiusa, il respiro accelerato. Il ragazzo contempla il suo addome già gonfio. Julia solleva la testa.
“E' cosi rapido?”
“Si”.
“Si nutrirà di me?”
“Io resto con te”.
“Ma se io muoio non potrò insegnargli nulla, neanche “Gosta de viajar no inverno?”
Il profondo piacere che lei traeva dalla sua docilità di fronte a quel che stava per accadere, non era niente come compenso di ciò che immaginava del fenomeno che si stava producendo dentro di lei. Quell'esistenza che era germogliata e assorbiva la sua sostanza. Avrebbe voluto provare ancora una volta la dolcezza di fare l'amore. Il giovane gliela dà.
Julia perse conoscenza dominata dal sentimento primitivo del prodigio che si stava compiendo. Più tardi un dolore la fa svegliare con un urlo. Era livida, lo sforzo che fece per sollevarsi le squassò i fianchi. Il suo corpo s'infila in un corridoio di dolori, di gemiti, di sospiri, si ricorda che non aveva sofferto così tanto la prima volta.
Con lo sguardo smarrito, vede l'uomo mettersi in ginocchio, sente le mani di lui che si  agitano tra le sue cosce. Delle ombre si muovono sul soffitto. Julia vede altra gente attorno a loro, una massa indistinta che attende in piedi. All'improvviso un'esplosione di dolore squarcia il suo basso ventre , frantuma le ossa del bacino. Un grido inumano scaturisce dalla sue labbra. Vertigine, freddo, caduta nel vuoto.  Il suo corpo ondeggiava in una luminosità bluastra. Credette di essere morta, poi udì un debole vagito.
Delle labbra si posarono sulla sua fronte poi sulle sue labbra.  Julia tocca la cicatrice che il suo amante aveva all'incavo del collo. Si ricorda della loro stretta.
Lei era dei loro adesso, avrebbe insegnato a suo figlio. Suo figlio, la carne della sua carne, il sangue del suo sangue.
“Gosta de viajar no inverno? Amore mio!”  

     (Traduzione dal francese di Fabio Calabrese)

3 commenti:

  1. Un cordiale saluto a Micky Papoz che con questo bel racconto fa il suo esoredio sulle pagine di Pegasus

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  2. Simpatico racconto con sorprendenti personaggi...

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  3. Racconto dal fascino particolare.
    G.S.

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