lunedì 29 settembre 2014

IL VOLO di Maurizio Setti




 Mancava una manciata di secondi a quella che sarebbe stata l’esibizione più importante della sua vita. Il cuore di Caterina aveva preso a palpitare oramai senza sosta da circa dieci minuti, mentre si trovava dinanzi alla pedana.
 Ella sapeva che quel salto sarebbe stato assai importante e quell’attimo inevitabilmente determinante per l’inizio di una nuova avventura.  Non poteva e non doveva fallire, avrebbe però dovuto dare il massimo, concentrarsi a tal punto da non far caso neanche al più insignificante rumore.
 Doveva scrollarsi di dosso ogni minima tensione, paura, indecisione ed affrontare il numero nel migliore dei modi.
 Il momento era giunto. Si posizionò  sul nastro di partenza e cominciò a calarsi nella parte.
 Era una prassi che durava una quindicina di secondi, ma era necessaria per far trovare a Caterina la condizione psicofisica ideale ed affrontare così il salto in modo egregio.
 Non avrebbe mai desiderato trovarsi dall’altra parte della pedana, e dopo essere atterrata sul materassino rendersi conto di aver sbagliato intenzione o di aver posizionato il piede di appoggio in modo scorretto.                                       
 Era una perfezionista e questa idea non l’avrebbe proprio accettata.
 Il tempo di attesa era quasi scaduto e così pure  la sua breve elucubrazione mentale.
 Il colpo di pistola dello starter ruppe ogni indugio; la mente fresca e lucida dell’atleta incanalò tutte le energie nelle fibre muscolari chiamate in causa per l’esecuzione del numero.  Caterina cominciò la corsa in direzione della pedana e mentre il suo esile corpo prendeva velocità, la sua testa immaginava passo dopo passo il percorso da solcare. Ora si trovava coi piedi uniti sulla pedana e pareva si specchiassero l’un l’altro, era in quell’attimo che si sarebbe intravisto il suo spessore, la sua grazia, la sua anima. Il salto ebbe inizio e come una freccia che scocca dall’arco Caterina aveva ormai preso la sua direzione, niente poteva più essere cambiato. Mentre si trovava in volo,  pareva essere un angelo, la grazia del movimento e l’espressione sul suo volto confermavano questa sorta di metamorfosi.   Forse sapeva, ancor prima di atterrare di aver compiuto il salto più bello, la figura acrobatica più elegante, e come il volo  di un gabbiano raggiunse il suo apice, sparendo all’orizzonte, in attesa di un altro sogno di gloria.

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