martedì 5 marzo 2013

IL BOSCO INCANTATO di Sergio Bissoli




Ho accettato l’incarico di riordinare la biblioteca nella villa della marchesa Dionisi.
La marchesa è vecchia e non la vedo quasi mai. Una cameriera vecchissima mi prepara da mangiare e a volte resto qui anche a dormire. Nelle ore di libertà scendo giù nell’orto per fare una passeggiata.
I libri sono centinaia. Tutte rare edizioni in pergamena, alcuni con serratura in rame e punte di ferro. Gli autori: Eliphas Levi, Crowley, Kremmerz, Barret, Papus, Kardec, Gardner, Blackwood, Frank Graegorius, trattano spiritismo, magia e stregoneria.
Un pomeriggio di maggio, stanco di catalogare libri, esco per fare una passeggiata.
Il giardiniere, che è anche guardiano, è un vecchietto rustico con berretto e un paio di stivali pieni di pezze. Lo guardo mentre zappa le cipolle con incredibile lentezza fischiettando un motivo. Le aiole sono piene di erbacce e sulla ghiaia crescono le ortiche. Quell’uomo è troppo vecchio e non riesce a badare a tutto.
L’orto è chiuso sul fondo da un cancello altissimo che lo divide da un bosco di alberi secolari. Già da alcune settimane provo il desiderio di entrare nel bosco ma il giardiniere trova mille pretesti per rimandare. Oggi, per esempio, mi dice che non può aprirmi perché non trova più la chiave.
Così gironzolo un po’ a caso finché trovo una apertura nell’alta siepe di caprifoglio. Aspetto che l’uomo mi volti le spalle per entrare nel bosco.
Corro su una grande radura con al centro frassini secolari. Arrivo a un varco tra gli alberi, come una specie di porta. La attraverso e sono accolto da una pioggia di aghi di pino.
Ci sono alberi grotteschi che assomigliano a ragni velenosi. Seguo un sentiero che passa vicino a un canneto. Poi il sentiero discende fino a costeggiare un laghetto.
Mi siedo sulla riva e guardo le grandi ninfee bianche sull’acqua scura. Al centro c’è un’isola con i ruderi di un tempietto coperto di erba. Lancio alcune pietre nell’acqua e guardo i cerchi che si formano e si espandono. I cerchi d’acqua danno vita a ondine fluide ed effimere.
Con la coda dell’occhio mi pare di scorgere delle persone vicino a me. Mi giro, ma non c’è nessuno. Questo succede due o tre volte. Così mi impongo la immobilità più assoluta e mi sforzo di osservare senza girare la testa.
Dopo un po’ rimango allibito per la sorpresa. Vedo ragazze nude che ridono e si tengono per mano. Sono al limite del mio campo di visuale. Quando mi pare che stiano per allontanarsi mi muovo appena e tutto scompare.
Resto ancora immobile finché intravedo di fianco a me una ragazza nuda con i lunghi capelli verdi. Il volto bellissimo mi guarda con una espressione perfida. Mi giro e lei con uno scatto si ritira. Di sicuro sulla riva c’è solo il gioco di luce ed ombre delle fronde mosse dal vento.
Mi rimetto in cammino. Il sentiero prosegue in mezzo a gelsi vecchissimi con tronchi tozzi di dimensioni colossali. I raggi di sole entrano a fatica, obliquamente e creano bizzarri chiaroscuri.
Nell’ombra qualcosa si muove. Mi fermo restando a guardare. Non c’è nessuno.
All’improvviso da dietro un tronco sbuca qualcuno, un bambino mi pare, ma con la faccia da vecchio. Corre a nascondersi velocemente dietro un altro tronco. Dopo un po’ altri due strani esseri piccoli e rugosi corrono a nascondersi dietro ai tronchi. Sono vestiti di corteccia di albero così da confondersi alla vista e si muovono velocissimi.
Ancora mezzo incredulo resto stordito dalla sorpresa. La mia mente è come intorpidita e rifiuta di riflettere. Poi, un pensiero si impone di colpo: il bosco è popolato dagli gnomi!
Il crepuscolo ristagna sullo sfondo del cielo in strisce di luce arancione. Devo uscire al più presto da questo posto, devo ritrovare la strada per tornare indietro.
Olmi e faggi sono curvi e fortemente piegati. Dal fondo di una grotta escono fiammelle che si muovono galleggiando a mezz’aria.
Mi accuccio il più possibile dentro a un cespuglio di bosso e resto in attesa. Misteriosi personaggi vestiti di nero sfilano in processione dirigendosi nel folto. Sono avvolti in lunghi mantelli neri. Alcuni di loro recano in mano una torcia accesa, e dove la manica è scostata si intravede un braccio di scheletro. Passano davanti a me ed io aspetto che sia scesa l’oscurità per osare a muovermi.
È una notte quieta, bianca di luna. Il senso di solennità è accentuato dal coro lontano dei grilli.
Cautamente mi incammino fra le avene selvatiche della radura. Passo vicino a una fontana: una Venere si bagna dentro una conchiglia fra le gocce d’acqua che scintillano come gemme.
Oltre i pioppi mossi dal vento vedo l’ombra angolosa della villa. Sembra una cattedrale e crea fantomatici disegni sul prato. A quella vista provo una grande gioia e accelero il passo.
Sotto alcune magnolie ci sono vasche con ninfee e fior di loto che dondolano al vento. Un fiore è particolarmente grande e mi avvicino incuriosito. Quando il vento lo inclina verso di me mi pare che assomigli a una testa... I petali del fiore ripetono la mia faccia, ed io sto guardando un altro me stesso, ma con i lineamenti più vecchi e furbeschi.
Lancio un grido di orrore correndo via attraverso il prato. Nel delirio vedo passare uccellacci neri davanti al disco bianco della luna, o forse sono streghe che cavalcano manici di scopa. Entro nella siepe di caprifoglio lacerandomi la camicia e infine corro a rifugiarmi nella mia stanzetta.
Quando esco al mattino dopo vedo il giardiniere seduto sul bordo del letamaio che sta fumando la pipa. Vorrei raccontargli subito che cosa mi è successo e chiedergli delle spiegazioni, ma mi manca il coraggio di incominciare. Lui mi guarda in maniera strana, come se sapesse, poi sorride maliziosamente:
“Ha avuto fortuna ieri sera?... con il suo lavoro.”
Senza aspettare la mia risposta prende in mano la zappa e incomincia a zappare. Dalla sua espressione intuisco che anche lui conosce il segreto del bosco e mi invita a mantenere il silenzio.

                   (Per gentile concessione dell’Autore)


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