mercoledì 27 aprile 2016

L’ENIGMA DI PIERO DELLA FRANCESCA di Giuseppe C. Budetta

Nel 1492, il giorno in cui Piero della Francesca trapassò in aldilà (lo stesso della scoperta dell’America), Luca evangelista in pompa magna convocò, in un celebre convegno ultraterreno, i principali artisti della futura arte pittorica. Tema del convegno era la dissertazione puntigliosa sull’arte di Piero della Francesca, da imitare sulla Terra. Nell’aula magna dell’ultratombalità, il santo evangelista fu assistito da due tecnici, angeli d’indiscussa professionalità, che ad ogni cenno, proiettavano sullo schermo le immagini pittoriche del sommo artista toscano, trapassato, guarda caso, lo stesso giorno della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo. Il titolo del convegno, illustrato per sommi capi su un dépliant distribuito ai presenti, fu, com’è noto:
L’ENIGMA DI PIERO DELLA FRANCESCA.
L’aula a forma di ferro di cavallo era affollata da artisti per lo più italiani che sarebbero venuti al mondo nei secoli successivi. Prima della rispettiva nascita sulla Terra, era degno di nota positiva che ci s’industriasse sull’originale opera pittorica di Piero della Francesca, da poche ore trapassato in aldilà. Nei primi scanni, avevano preso forma alcuni sommi artisti addivenienti tali, una volta nati sulla Terra: il livornese Guido Guidi (1901 – 1998) ed il romano con lo stesso cognome ma che di nome avrebbe fatto Virgilio (1891 – 1984). Accanto ad essi, c’erano i futuri Carrà, Donghi, de Chirico, Casorati, Morandi, Fiumi, Campigli (Le cucitrici ed il grande olio La spiaggia del 1937). San Luca comandò ai due angeli-tecnici-assistenti di proiettare in alula le prime immagini in riferimento alle opere del trapassato fresco Piero della Francesca. L’evangelista dunque disse ai presenti in ossequioso ascolto:
“Le madonne con lo sguardo allucinato, il volto severo, isolate dal conteso della rappresentazione pittorica…mi chiedo e vi chiedo: l’immagine può funzionare come imitazione dell’apparenza?”
I futuri artisti fecero tutti cenno di un mezzo sì. San Luca spiegò la gigantesca immagine “La flagellazione di Cristo” proiettata sullo schermo alle sue spalle:
“Vedete? Il Cristo che sta per essere flagellato, ma è in una invisibile nicchia spaziale, lontanissima dall’individuo con la frusta in mano. Pilato, un simulacro afflosciato su se stesso sopra un trono di pietra. Oltre le colonne di stile corinzio, tre uomini in primo piano con lo sguardo fisso, come statue viventi. Ogni figura è nettamente isolata dall’altra. La forma umana è una rappresentazione pittorica compiuta che esclude ogni altra. C’è solo vicinanza raffigurativa. Icone, sperse nel vuoto. La rappresentazione religiosa della flagellazione è nello sfondo, al di là dello spazio-tempo, con le colonne dell’antichità romana e greca a sottolinearne la lontananza prospettica. In primo piano, il tempo presente con tre personaggi che sembrano dialogare tra loro, ma serrati nell’ampio silenzio di un eterno presente, incapsulati in una invisibile e statica geometria.”
Nei loro scranni, i presenti-futuri-artisti sembravano interessarsi alle immagini che gli angeli tecnici-assistenti andavano proiettando dietro la grande cattedra, dove signoreggiava, come un docente universitario di ruolo San Luca evangelista. La spiegazione su Piero della Francesca si ampliò sull’epoca medioevale: “Le residuali nebbie del medioevo si stavano diradando, ma resistono davanti alla misteriosa simbologia di Piero della Francesca. La sua arte figurativa non rappresenta la realtà cangiante, ma la fissità ieratica di un unico momento che per questo motivo diviene un simbolo in cui credere, come le tante statue e reliquie sacre nelle chiese di quel secolo. La pittura come pura immagine, da ammirare e da venerare, ma impossibile da interpretare e verso cui commuoversi. Assordante silenzio.”
Il silenzio era totale, si può dire mistico, anche nell’aula magna della perfetta ultratombalità. Che significava questo assordante silenzio? Chi è che taceva? Dunque, Piero della Francesca voleva evidenziare sia il vuoto esistenziale dei tempi andati, sia la perdizione umana in epoca medioevale?
 Nessuno degli addivenienti artisti presenti in aula volle obiettare alcunché rispetto alle spiegazioni ed alle domande esistenziali dell’evangelista. Poteva essere che il santo se ne risentisse, ma meglio non interromperlo. Egli dunque disse ai muti ascoltatori:     
“Dovete sapere, o futuri artisti, che i dipinti di Piero della Francesca, almeno quelli di carattere religioso, non indicano l’aldilà come meta della vita umana, ma sono immagini monumentali come muri impenetrabili, muraglie medioevali erette dal potere ecclesiastico. Parlo del potere ecclesiastico di quei tempi bui. Lunga muraglia imperiosa davanti a cui era lecito genuflettersi e pregare. Chi cercava d’infrangere la muraglia rischiava la pena di morte. Oltre l’invisibile confine, l’inferno. Al di qua, rimanevano le guerre continue, le epidemie e le carestie che bisognava comunque accettare. L’unica cosa che restava da fare sarebbe stato l’atto di genuflessione davanti alle icone religiose, anche se enigmatiche come sfingi.”
I presenti che ascoltavano ammutoliti, si scambiavano muti sguardi, non osando contraddire al momento l’oratore, lo sapevano: le ambiguità erano e sarebbero rimaste nella Chiesa terrena, davanti a cui la ragione umana deve comunque arrestarsi per un incerto percorso di fede. Il santo evangelista spiegò:
“Cari beati che qui albergate ben lungi dai problemi terrestri, aspettando il tempo di nascere in qualità di sommi artisti, vi dico questo. Vedete i volti che Piero della Francesca ha dipinto nel corso della vita terrena? Rifletteteci. Non sono facce ch’emozionano per l’estrema solitudine che li circonda e permea. Intenzionalmente, voi artisti delle future epoche cercherete di trasmettere allo spettatore questo tipo d’impressione. Però, cercate di comprendere…Vedete? In Piero della Francesca, le figure umane respingono oggettivamente qualsiasi sentimento. Si tratta di cariche negative, che contrastano con la comune commiserazione. Le immagini prodotte da Piero della Francesca sono atemporali ed anaffettive. Facce realistiche, ricordatelo. Le stesse facce che avevano i nobili di allora, insensibili alla disperazione dei popoli a loro sottomessi.”
Giudo Guidi avrebbe voluto esclamare: gente di merda, ma stette zitto per non urtare l’evangelista che disse ancora:
“Amici artisti, addivenienti tali una volta nati sulla Terra, vedete? C’è solo l’ammirazione per un’arte unica e la curiosità per gli enigmi che pone e che resistono a qualsiasi interpretazione razionale. L’enigma incrementa l’incertezza, l’indeterminazione e l’ambiguità, piena di mistico silenzio e di raccoglimento. Il fatto è che la simulazione muta che i personaggi di Piero della Francesca mostrano, non si accosta all’immobilismo ieratico della statue dell’antichità classica. Si tratta di simulacri allo stato puro, dove lo spazio ed il tempo si annullano in un problematico misticismo. Gruppi di figure umane e divine che si fronteggiano in una misteriosa e profonda simmetria invertita. Figure umane e divine che nella eterna fissità fanno trapelare l’assenza di un conforto ultraterreno.”
Un futuro artista presente in aula e precisamente Felice Casorati volle chiedere all’oratore:
“Ma Piero della Francesca che vi apprestate ad accogliere in paradiso ci credeva o no nei santi ed in tutti voi altri beati evangelisti?”  
San Luca evangelista non fu sorpreso dell’obiezione del futuro Casorati, artista anche lui problematico una volta incarnatosi sulla Terra. L’evangelista disse:
“E questo il punto. Piero della Francesca non è stato un vero santo. Egli ha cercato di comprendere l’aldilà con l’arte, ma l’arte non dà risposte certe. Solo la fede va oltre. Comunque, Piero della Francesca va premiato perché il problema metafisico se lo poneva sinceramente ed era ossequioso della parola evangelica. E’ stato un vero cristiano, oltre che sommo artista. La sua arte pone dei problemi, questo è vero, come tanti artisti. Però Piero della Francesca illustra alla gente la via mistica da seguire per raggiungere il paradiso. Lui offre alla gente una soluzione mistica”
Un altro futuro artista, questa volta de Chirico che una volta nato in al di qua e dopo essere stato regolarmente battezzato si sarebbe chiamato Giorgio, disse:
“Evangelista, scusa, ma le opere di questo sommo e problematico artista saranno preservate nel tempo, o resteranno sulla terra solo infruttuose imitazioni?”
Il santo evangelista che nel periodo in cui visse sulla Terra come tanti altri, si chiamò Luca fece una breve disquisizione sulle eterotopie del tempo e la tendenza del tutto umana a preservare le opere d’arte nei musei, disse:
“Nella società umana, c’è la tendenza a preservare dal flusso del Tempo alcuni luoghi, illudendosi che tutto resti fissato in un eterno presente. Sono queste le eterotopie del Tempo di cui Michel Foucault, un altro che vivrà nel futuro remoto, parlerà in un suo saggio pubblicato nella seconda metà del XX secolo. Le eterotopie del Tempo si accumulano all’infinito in alcuni edifici come i musei, le biblioteche. Le eterotopie del Tempo si trovano in un più ampio raggio, in alcune zone geografiche ed addirittura in alcune grandi chiese. Le opere di Piero della Francesca parlo della gran parte, saranno preservate dalla distruzione che i secoli futuri apporteranno ovunque. Parte delle sue opere sopravvivrà perché conservate in appositi musei. Il futuro de Chirico chiese:
“Ma, evangelista, ci spieghi cos’altro indica la pittura di Piero della Francesca che può esserci utile una volta operativi sulla Terra?”
“La pittura di Piero della Francesca esprime la tendenza all’isolamento dal contesto spazio-temporale del mondo circostante. Nel pittore aretino, c’è il desiderio di voler accumulare tutto in un dipinto, di fermare in qualche modo il tempo, o di farlo depositare all’infinito in uno spazio privilegiato, rinchiudere in una rappresentazione pittorica ogni immagine, ogni forma per ogni epoca, una specie di eterotopia del Tempo. In Piero della Francesca, ascoltatemi o futuri artisti, c’è l’illusione che nulla fluisca al di fuori dell’immagine pittorica, essendo questa la somma eterotopia del Tempo. Si tratta d’immagini che neutralizzano e contraddicono tutte le altre rappresentazioni, perché in esse, la differenza col mondo reale è assoluta. Piero della Francesca è stato un artista pienamente intercalato nel suo tempo, quando il potere costituito, più che l’essere umano, si è cominciato a porsi al centro della realtà economica e sociale umana. Intorno al potere costituito, essendo propinquo alla divinità, ruotava tutto il mondo medioevale, mentre intorno all’altro, il nostro, quello dello spirito, ruotavano i sette cieli. Nel medioevo dunque, si pensava che oltre c’era il Cielo del Paradiso, governato dai Cherubini e che allogava le stelle fisse. Ogni cosa, compreso gli esseri umani, aveva la perfetta ed imperturbabile collocazione. Sulla Terra, regnava il potere politico e religioso, splendente in un’unica sfera come il sole, con un proprio invalicabile firmamento. La fisica moderna avrebbe capovolto drasticamente le antiche teorie del tardo medioevo. Ad avere importanza cruciale sarebbero state le interrelazioni e le connessioni, dirette od indirette tra gli esseri umani e l’ambiente circostante.”
Alzandosi dallo scranno, Casorati obiettò:
“Maestro, allora nel prossimo futuro, la gente cercherà le interazioni sociali e non andrà più in chiesa a pregare…è vero questo?”
“Per alcuni, soprattutto i giovani che nel XXI secolo dialogheranno con gli I-phone questo è vero. Per molti altri, la fede si rinsalderà e andranno in chiesa, anche nel XXI secolo.”
De Chirico chiese:
“Maestro evangelico, il potere politico, quando saremo viventi veri, come si evolverà?”
 “Ai tempi di Piero della Francesca, c’è stato il potere politico e quello economico che però rappresentavano la sottile rete che sorreggeva le umane vicende. La statica visione del mondo coi suoi sette cieli, più l’ottavo, propria del tardo medioevo sarà annullata in modo radicale dalla scienza moderna, quella più o meno che sarà a voi contemporanea.”
Massimo Campigli che stando a quanto stabilito dalla divine sfere, sarebbe nato il 4 luglio del 1845, si interessò della nuova scienza e chiese:
“Maestro, ci dica. E’ vero che la relatività generale di cui qui se ne sente il clamore, sconvolgerà la visione del mondo?”           
“La relatività generale smentisce l’immagine intuitiva dello spazio-tempo come un contenitore in cui si trovano oggetti vari. Lo spazio-tempo non può sostenere alcuna struttura localizzata. Non osserviamo le cose in posizioni assolute, isolate da un contesto. L’ubicazione di un oggetto nello spazio-tempo avviene in base alla disposizione con cui si collega ad altre strutture materiali. Ad essere oggettive, sono le reciproche posizioni. Ripeto, sono concezioni scientifiche che si diffonderanno nel XX secolo. Nel medioevo di Piero della Francesca tutto ciò era ignoto. Nel XX secolo, si capirà che sono le relazioni, i rapporti tra persone, oggetti e cose i veri punti di riferimento e sono essi a determinare gli eventi del mondo esterno. La fisica del futuro mondo dimostrerà alla gente che ogni oggetto materiale non è distinto dagli altri, ma legato in maniera inseparabile all’ambiente e le sue proprietà possono essere comprese solo nei termini delle sue interazioni col resto del mondo. Secondo il principio di Mach, un altro scienziato del prossimo futuro che alcuni di voi conosceranno, questa interazione si estende all’universo in generale, perfino alle stelle ed alle lontane galassie. Sarà chiaro che l’unità fondamentale del cosmo è presente, non solo nel mondo dell’infinitamente piccolo, ma anche a livello macroscopico. Tutto ciò sarà sempre più evidenziato dall’astrofisica e dalla cosmologia del futuro in cui la maggior parte di voi, ripeto, vivrà. Concezioni nuove che in seguito saranno a loro volta confutate.”
Massimo Campigli disse: “Allora, maestro, Piero della Francesca non aveva capito niente. Noi Non siamo statue con una vita del tutto scollegata da quella degli altri. Non siamo come i personaggi ritratti da Piero della Francesca.”
“E così e non è così. Per esempio lei, Campigli, quando vivrà sulla Terra cercherà d’imitare Piero della Francesca pur sapendo fin da adesso che non aveva capito niente. Cercherà d’imitarlo perché nonostante le cose girino in modo diverso, parlo del prossimo futuro. Lei capirà che c’è qualcosa che di Piero della Francesca sfugge comunque. C’è un qualcosa d’indeterminato, ma che è pieno di allusione mistica.”
 Morandi ne voleva sapere di più: “Maestro ci dica qualcosa in più del prossimo futuro in cui noi siamo destinati a vivere.”
“Nel prossimo futuro, perfino a livello inconscio e nei sogni, sarete interconnessi gli uni con gli altri. Invece, la fissità e la solitudine degli esseri umani, dipinti da Piero della Francesca, esistono come icone solo all’interno della sua arte. Plotino aveva scritto che non c’è un punto dov’è possibile fissare i propri limiti in modo da affermare: fino a qui, sono io…Mi capite? Contro questo pericolo del non limite, il potere costituito del medioevo aveva posto ferree barriere nella sfera politica e religiosa. L’Uomo doveva restare come lo aveva definito Aristotele: un animale vivente ed inoltre capace di una esistenza politica. L’invalicabilità dei limiti imposti dall’alto è affermata da molti artisti tra cui Piero della Francesca. Mi Capite? E adesso, non chiedetemi perché nel futuro in cui siete destinati ad esistere ci saranno guerre mondiali con milioni di morti. Non chiedetemi a che serve l’Arte di fronte a simili catastrofi. Vi dico solo che l’Arte agisce meglio per lunghi periodi. L’Arte fa in modo che la pianta millenaria dell’umanità, nonostante gli attacchi del Male, cresca armoniosa e bella.” 
Sul grande schermo dell’aula magna ultraterrena, apparve la proiezione di un’opera pittorica che Felice Casorati avrebbe prodotto di lì ad alcuni secoli, quando una volta nato con tutti i crismi, avrebbe raggiunto la piena padronanza dei mezzi pittorici. La pittura del Casorati avrebbe fatto riemergere, a livello inconscio, quella di Piero della Francesca.
I presenti, futuri artisti terreni, fecero un breve applauso al relatore e si apprestarono a lasciare l’aula.  
 

1 commento:

  1. E’ molto singolare che la critica ufficiale non si occupi dei buoni contenuti della rivista PEGASUS. Ulteriore singolarità: cosa fanno le migliaia di professori e ricercatori di ruolo nelle nostrane facoltà letterarie? Di quali aspetti della letteratura contemporanea si occupano in modo serio? Perché la stragrande maggioranza di scrittori e di critici letterari è inglese, statunitense, tedesca e francese? C’è un nesso con la mancata scoperta di veri talenti in campo letterario in Italia? Perché solo in Italia uno che fa il giornalista è anche scrittore, critico letterario, critico d’arte (arte pittorica & fotografia), nonché di cinema?

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