domenica 5 maggio 2013

IL PASSAGGIO A LIVELLO di Giuseppe Novellino


Leoluca cominciava ad averne piene le scatole.
Da un po’ di tempo, quando arrivava in prossimità del passaggio a livello, tra la mezzanotte e l’una, lo trovava di sicuro chiuso. Il che era a dir poco incredibile, essendo la linea ferroviaria decisamente secondaria, sulla quale transitavano non più di sei o sette treni al giorno. L’ultimo incrociava la provinciale alle 21.35. Leoluca si trovava davanti quelle barriere azionate a mano, che scorrono su un piccolo binario.
Capitava tutti i venerdì notte, quando rientrava dal suo giro sulle colline oltre il grande fiume, dove effettuava il suo ultimo viaggio settimanale di rappresentante in articoli di gioco e tempo libero. Ripartiva sempre a tarda ora, dopo essersi intrattenuto con Marta, giovane donna un po’ chiacchierata. La quale però era tenera con lui, lo invitava a casa, gli preparava una cenetta, e quasi sempre lo aiutava a scrollarsi di dosso la tensione e la fatica dei precedenti giorni lavorativi. Non occupava un posto particolare nella vita di Leoluca. Era una compagna occasionale e discreta, capace di rischiarare in qualche modo la vita un po’ grigia di uno scapolo quarantenne.
Accese una sigaretta e mandò una nuvola di fumo oltre il finestrino con il vetro semi abbassato. Era una bella notte di giugno. Si sentiva odore di fieno. Il silenzio rotto da uno tenue frinire di grilli.
Finalmente comparve il casellante. Fece scorrere le barriere parallele e si avviò per rientrare nella sua casetta dai muri scrostati, ai bordi della linea ferroviaria.
Era un uomo gobbo, magro e minuto, dall’età indefinibile. Un paio di volte Leoluca gli aveva rivolto la parola, per chiedere spiegazioni, ma quello non aveva mai risposto. Si era limitato a fare un gesto con la mano come a dirgli che lo lasciasse in pace, perché altro non faceva che il suo mestiere. Certo, aveva pensato Leoluca, doveva trattarsi di un servizio extra, che poteva avere a che fare con il passaggio di qualche mezzo per la manutenzione della ferrovia. Ma quella puntualità, ogni venerdì notte, lo lasciava perplesso, e ancor più il fatto che non si era mai trovato nel momento di transito del convoglio.
Quella volta Leoluca perse la pazienza. Spalancò lo sportello della Lancia Appia, lanciò il mozzicone di sigaretta e gridò:
- Ehi, casellante!
Dovette rincorrerlo. Gli mise una mano sulla spalla e poi vide la faccia di lui, triste e rugosa, messa in risalto dal chiarore lunare.
- Che cos’è questa storia? – domandò il viaggiatore.
- Quale storia?
- Non faccia il finto tonto. Ogni volta che arrivo in questo punto, trovo il passaggio a livello chiuso. Eppure non passano treni. A quest’ora, poi…
- Lei non sa quello che dice – sibilò il casellante, facendo l’atto di andarsene verso la sua dimora.
- No, lei mi deve spiegare.
- Non c’è niente da spiegare. Buona notte!
Leoluca non poteva lasciar perdere. Insistette:
- Lei sa che ogni venerdì notte passo di qui… Mi vuole fare un dispetto?
L’omino si tolse il berretto, si grattò la zucca pelata e disse:
- Va bene, glielo dico. A quest’ora, ogni settimana transita il treno per l’inferno. Porta le anime dannate, destinate all’eterna dimora. Quello che svolgo, a quest’ora, è un servizio del tutto straordinario, per il quale non ricevo alcun compenso. Quindi mi lasci in pace e vada per la sua strada.
- Lei mi sta prendendo per i fondelli… o è pazzo!
Ma quello non aggiunse altro. A passetti irregolari guadagnò la porta della sua casetta e scomparve.
“Non c’è dubbio: deve essere ammattito” pensò Leoluca, scrollando il capo. “ Forse è colpa del lavoro monotono. Infatti non credo che possa esserci gente che si alza di notte per far passare un treno carico di anime dannate… non gente normale, non in questo giugno 1955”.
Riavviò la macchina e partì sgommando.

La settimana successiva si ritrovò davanti al passaggio a livello.
Chiuso, come al solito.
Piovigginava e l’aria era piuttosto fresca.
- Mi spiace, ma non abbocco più – disse a voce alta, battendo i pugni sul volante.
Scese dall’Appia e andò vicino all’ostacolo.
Come al solito non c’era anima viva su quel tratto di strada provinciale in aperta campagna. Guardò verso la dimessa costruzione. Non si vedeva ancora apparire il casellante. Quello avrebbe aspettato i soliti minuti, prima di lasciare libero il transito.
Allora Leoluca fece scorrere le due barriere, si infilò in macchina e ingranò la prima.
Quando fu sui binari, accadde in un attimo.
Un fischio lacerante, un rumorosissimo sferragliare…
Poi… più nulla.

6 commenti:

  1. Bel racconto. Scritto magistralmente e semplicemente... terrificante.

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  2. La prova che a volte l'orrore si nasconde nella quotidianità.

    Matteo Bigarella

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  3. Mi sarei aspettata un assalto di ladri d'accordo con il casellante....oppure un'esecuzione mafiosa.
    Metti proprio in evidenza il pregiudizio che é dentro di noi, che ci fa distorcere la realtà, e ci fa perdenti nelle relazioni e anche nella vita.
    Molto efficace!

    Annarita

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  4. Grazie per i vostri commenti!

    Giuseppe Novellino

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  5. L'idea di base è piuttosto interessante e contiene enormi margini di sviluppo; non hai pensato di tirarne fuori un romanzo?

    Sauro Nieddu

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  6. Caro Sauro, non ci ho pensato. Questo, come altri racconti (non parlo solo dei miei), si presta ad essere sviluppato. Molti scrittori famosi hanno fatto una cosa simile. Nel mio piccolo potrei pensarci. Ti faccio notare che si presta anche come soggetto per un corto.
    Grazie per il tuo giudizio... e per il suggerimento.

    Giuseppe Novellino

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