martedì 20 agosto 2013

IL LIBRO di Peppe Murro


                   
…ed alla fine, in quella forma che aveva traversato e sofferto tutti i cicli astrali, riconobbe se stesso.
FINE.

Rialzò la testa, sospirò di sollievo: era contento di aver finito quel romanzo…in quelle pagine aveva riversato tutto se stesso, la sua vita, i suoi pensieri, le sue emozioni.
Incrociò le mani dietro la nuca rialzando le spalle… era soddisfatto… sentì una strana spossatezza, quasi avesse temuto di non finire il libro, ma ora era tutto passato. Ed era importante averlo fatto! Si sentì felice come di fronte a un’opera d’arte…
Che strano dare tanta importanza a uno strumento del passato…! Già, ora di libri se ne vedevano ben pochi, ma gli piaceva l’idea di essere diverso e di aver scritto, come una volta si usava, una storia… di fantascienza, per giunta. Magari oggi di fantascienza ne restava poca, da quando avevano inventato i globi a propulsione gravitazionale e tutti i viaggi erano diventati più facili, tutte le avventure possibili… ma lo scritto era interamente suo, e questo gli bastava.
Ripassò con la mente le pagine che gli sembravano migliori, carezzò con leggerezza la punteggiatura, le pause, persino i margini bianchi: e chissà perché ritoccava con insistenza la sua avventura nel terzo pianeta di quel sistema marginale della galassia… un viaggio di archeologia planetaria, si disse, in quel luogo che le leggende raccontavano come l’origine di ogni cosa.
Difficile credere che quell’ammasso cupo di deserti e CO2 un tempo avesse contenuto vita e intelligenza, e che da lì fosse avvenuto il Grande Esodo… eppure le storie raccontavano che lì c’erano stati colori e stagioni, e uomini dalla diversa pelle e con lingue diverse e qualcuno si avventurava a parlare persino di musica e poesia… storie, fantasie che si liberano ancora nelle lunghe notti astrali o sogni che si coltivano durante le ibernazioni... come quello che da tempo occupava le sue notti, quel volto di donna dallo sguardo cupo che sembrava rovistargli l’anima senza lasciargli neppure l’amarezza di un sorriso mancato…
Un sogno, solo un sogno… o forse un incubo perfetto…!  pensò.
E ricordò, di sfuggita e  con una strana meraviglia, la leggenda del sogno di un uomo, che aveva sognato di Solaris, un pianeta misterioso che rendeva vivi i propri pensieri e i fantasmi interiori… bel sogno, bella storia… e si chiese, con una citazione, who knows where Solaris  revolves silent ?
Ma era tempo di prepararsi: la sua meta, il nono pianeta di Rigel A, si avvicinava e doveva pensare alla discesa. Tutto andava alla perfezione, il computer di navigazione lo aveva rassicurato, fra poco si sarebbe posato in quel mondo bluastro e strano da cui sperava di attingere nuove conoscenze o più semplicemente nuove sensazioni. Già, nuove sensazioni…perché il difficile era vincere la noia in questo tempo dove tutti potevano tutto o quasi, dove non esisteva altra regola che il proprio  ciclo  vitale da penetrare a fondo…
Forse per questo, si disse con una sarcastica saggezza che trovò subito ridicola, era diventato difficile l’amore, o l’amicizia, o la semplice conversazione fra conoscenti: sembrava che tutti fossero il centro di qualcosa, anche se tutti poi andavano spersi alla ricerca del cosa…ma erano riflessioni inutili e le scacciò con fastidio. Doveva prepararsi.
Mentre si sistemava nella gabbia pressurizzata e quella gigante blu rischiarava di strani riflessi d’alba il suo casco, canticchiò nella mente who knows where Solaris revolves silent?
Fu allora che improvvisamente capì o forse ricordò…
…ricordò che non si era salvato dal nono pianeta di Rigel, ricordò che era morto, che non aveva mai abbracciato quello sguardo, che non aveva mai finito il suo libro…  

3 commenti:

  1. Altro bel racconto di fantascienza… Una fantascienza scritta gradevolmente e molto significativa.

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  2. Originale l'idea che su lontani pianeti, in un tempo lontanissimo, si scriva e si legga fantascienza. Ma poi tutto, alla fine si spiega, con una bella sorpresa

    Giuseppe Novellino

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  3. Carina l'idea della fantascienza nel futuro. E bel finale a sorpresa. Solo... per i miei gusti... forse... un po' troppi... capite, vero...

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