martedì 23 aprile 2013

VICOLO CIECO di Sergio Bissoli




Il vento soffia giù nel vicolo stretto e mal lastricato, portandomi in faccia la fuliggine e il fumo dei comignoli.
Cammino in fretta sfiorando i muri di case scurite alte e storte. L’ultima luce del crepuscolo di febbraio spande un chiarore gialliccio.
Cammino sul marciapiede sfondato in più punti e pieno di pozzanghere. Gatti rognosi strisciano negli angoli delle vecchie case da dove proviene odore di urina. N° 515 un barbiere, Rossene. L’insegna sbatte al vento tagliente di tramontana. Più sopra abita la vecchia Boa, quella che lava i morti. Ancora più in su un vestito viola sta appeso alla finestra.
La notte scende nel vicolo, fredda e ventosa, una notte degli ultimi giorni di carnevale.
Dopo l’angolo di un barbacane la finestrella quadrata sfavillante di luce getta una pioggia d’oro sulle pietre di basalto del selciato. Ombre di persone che danzano si vedono all’interno. La festa dell’ultimo di carnevale dell’amico Livio è già cominciata, e adesso sono arrivato.
Spingo la porta che è solo accostata e subito sono preso dall’atmosfera della festa. Luce, caldo, vertigine... L’aria è satura di profumi, stelle filanti cadono dal soffitto.
Mi tolgo il cappotto e vado verso l’amico Livio che ho intravisto insieme ad altri con un bicchiere in mano. Ma prima di arrivare un brutto pirata intabarrato mi sbarra il passo. Una manciata di coriandoli mi fa chiudere gli occhi. Il pirata si allontana nella folla insieme a una bambina con i seni da donna.
Le luci calano di intensità. Ancora coriandoli e stelle filanti. Grida e risate.
Una ragazza con la mascherina azzurra mi viene vicino e mi guarda con insistenza. É snella con i lunghi capelli biondi.
“Chi sei?” chiedo.
“Ah ah...” Mi viene ancora più vicino e mi mette una mano sulla spalla. Sento il suo profumo dolce che fa stordire.
“Non mi riconosci... ah ah...”
La voce anche se contraffatta mi è familiare... Uno spintone e subito sono preso tra il flusso di folla di nuovi arrivati, cosicché non vedo più la mascherina.
Ritrovo la ragazza a metà della serata, quando la luce è ancora più bassa e le stelle filanti formano una ragnatela sopra di noi. Il suo vestito è un velo lungo e ne tiene una parte davanti alla bocca:
“Ah ah... Pietro...”
“Sei Chiara?”
Fa segno di no con la testa.
“Sei Stella?... Ma chi sei...?”
“Sarà tua moglie, Pietro...” risponde un amico di passaggio.
“Non ti ricordi più di me, Pietro?” lei sussurra con voce argentina.
“Sì, io ti conosco, ma adesso...”
I vetri delle finestre sono tutti appannati e vi appaiono strane figure di fiato come in un paese di sogno.
A mezzanotte, quando ormai credevo di non rivederla più mi ritrovo vicino alla ragazza, sempre più attraente, sempre più misteriosa...
Sento di essere vicino a svelare il segreto, infatti lei si appoggia al mio corpo mormorando qualcosa e sta per togliersi la mascherina...
La luce si spegne. Colpi di bottiglia, tonfi, rumori, gran baccano. Musica discordante e indiavolata.
La luce si accende e si spegne più volte. Dov’è, dov’è... mio Dio! Mi appoggio a un divano per versarmi da bere.
L’alba versa la sua luce malata dalla finestra facendo impallidire i lumi.
Qualcuno ha vomitato giù nel vicolo. Rumori di bidoni che vengono spostati e cozzano fra di loro. Una forchetta alla quale manca un dente sta sul marciapiede e la sposto con un calcio.
Dalla fogna sgorga un liquido scuro davanti alla bottega del ciabattino. Freddo pungente e rumore di passi che si allontanano.
Nauseato percorro in fretta il vicolo. Quando alzo gli occhi vedo una bambina che disegna un cuore sul vetro appannato di una finestra.
Alcuni giorni dopo sono costretto a dover passare ancora di lì. Una tosse catarrale accentua il silenzio della mattina bianca e lucente.
Il gelo della notte ha fatto scoppiare le tubature in casa di Livio e gli operai stanno lavorando per sostituirle. Sollevano il pavimento e sotto ci sono ossa e scheletri umani.
“Credevo di essere solo e invece ero in compagnia” commenta Livio.

(Per gentile concessione dell’Autore)

1 commento:

  1. Un racconto d'atmosfera, veramente riuscito. L'incipit descrittivo è molto bello.

    Giuseppe Novellino

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