giovedì 15 maggio 2014

IL RE DELLE FORMICHE di Paolo Secondini e Peppe Murro



Narrano i miti storie impossibili e orrende che covano nel fondo dell’animo umano e, come tutti i miti, celano in equilibrio il caos primordiale della menzogna e della verità. Questa è una di quelle.

«Cosa c’è, figlio mio?» domandò Egina al giovane Eaco. «È un po’ di tempo che ti vedo triste, immusonito. Non mi sembra tu viva momenti felici nemmeno con Ersippo, l’amico-automa che tuo padre Zeus ti ha fatto appositamente costruire da Efesto nella sua grande fucina… Insomma, vuoi dirmi che cosa ti addolora?»
Il ragazzo fissò lo sguardo negli occhi azzurri e sereni di sua madre, quasi a coglierne tutta la dolcezza.
«Mi addolora,» rispose, «non avere intorno – a parte te, naturalmente – esseri in carne e ossa, con cui stabilire rapporti di vera amicizia, di amore… Sulla nostra isola, purtroppo, non c’è che il vuoto: paesaggi brulli, solitari, popolati soltanto da formiche… Formiche dappertutto!... Le odio, madre, le odio immensamente!... Invidio Ersippo che non prova per esse alcun sentimento. D’altronde come potrebbe? È un essere fatto di bronzo e vari ingranaggi che ne permettono i movimenti. Mio padre…»
«Tuo padre ti ama, figliolo,» lo prevenne Egina, temendo che Eaco dicesse qualcosa di spiacevole contro il re degli dei.
«Mi ama? Se davvero fosse così mi darebbe sollievo e compagnia… Sono un uomo, madre, che regna su delle formiche; non è nell’ordine delle cose. Solo un dio maldestro o sarcastico troverebbe normale una simile realtà. O un dio che odiasse l’uomo…»
La madre lo guardò e in cuor suo pregò quel dio antico amante come non aveva mai fatto.
Negli anfratti ovattati dell’Olimpo, il re degli dei sentì quello strazio di madre, ne fu colpito e decise di fare qualcosa.
Si parò davanti a Eaco… «Ti darò la compagnia degli uomini che chiedi,» gli disse, «e però, per non aver capito il dono che ti avevo fatto, i tuoi Mirmidoni conserveranno la loro insensibilità di automi e porteranno nel mondo il terrore e la morte che si celano nella tua disperazione.»

Ma il mito nasconde anche una verità dimenticata, come l’abisso dell’orrore che accompagna la vita quotidiana.
Da qualche altra parte si racconta, infatti, che il dio guardò il cuore di quel re desolato e, col sorriso lieve e bonario di ogni dio, trasformò Eaco in una formica.

4 commenti:

  1. Benché io sia coautore del racconto, devo dire che l’esperimento letterario è risultato soddisfacente. Ne è scaturito uno scritto per nulla disprezzabile, anzi...
    Ringrazio l’amico Peppe della collaborazione, e di aver accettato la mia bonaria imposizione del tema e dei personaggi.
    A racconti futuri!

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  2. Divertente e spiazzante questo raccontino fantamitologico. Mi piace il significato di carattere esistenziale che sottointende, cioè la fredda spietatezza che possono avere spesso gli esseri umani, i quali distruggono con la furia di ciechi automi.

    Giuseppe Novellino

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  3. Sintetico (quindi piacevole da leggersi) e molto riflessivo.
    G.S.

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  4. Breve come piace a me, allegro e al tempo stesso con un pizzico di malinconia finale.
    Quoto Paolo nell'affermare che l'esperimento è riuscito.
    Complimenti a entrambi gli autori.

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