sabato 14 settembre 2013

IL VENTO di Peppe Murro




Quella valle era piena di colori… le cime degli alberi ondeggiavano appena, carezzate da una brezza leggera, e pagliuzze d’argento increspavano il ruscello che scorreva ai bordi dello steccato.
La casa si svegliava sonnacchiosa quasi stiracchiandosi: era bello al mattino aprire le imposte e vedere le tende che si allargavano come vele, mentre i bordi delle colline disegnavano il limite verde cupo del cielo.
La madre dalla cucina spiava ogni tanto il figlio giocare in giardino e sorrideva come per una carezza su quei capelli biondi… qualche cornacchia stonava il suo gracchiare mentre si alzava dai rami.
Lo avrebbe osservato senza stancarsi mai, ma aveva molto da fare, forse senza accorgersene si mise a canticchiare: doveva rassettare e pulire, preparare il pranzo, stirare…distolse lo sguardo dal figlio con un sorriso che sfiorò appena le sue labbra, fece scorrere l’acqua nel lavabo…
La sorprese il tramestio che da fuori si avvicinava alla porta…. mamma, mamma… si voltò… mamma, guarda… vide il volto spaurito del figlio, lo abbracciò d’istinto come per una presenza rassicurante… non ebbe il tempo di chiedere… mamma, guarda… non ci sono più nuvole…
Si accostò alla porta col figlio fra le pieghe della gonna, guardò in alto, sorrise… è il vento, figlio,… è solo il vento… lo carezzò sulla testa scompigliandogli i capelli, come a spingerlo a tornare ai suoi giochi.
Il bimbo la guardò con uno sguardo chiaro e rassicurato, e corse di nuovo fuori.
Lei lo guardò con un punto d’ansia, guardò il cielo nudo, tornò dentro…
Mamma, mamma… sentì un che di disperato ed impaurito nella voce del figlio, vide il suo volto pallido che la cercava… mamma… la collina è tutta sbriciolata da strisce chiare e il bianco s’è mangiato il cielo…
Lo strinse al petto, guardò alla finestra, lo strinse di più… poi baciandolo in fronte: non è niente, figlio, è il vento… gioca sulla veranda, e lo spinse con dolcezza fuori, ma guardò con apprensione quel bianco misterioso che aveva divorato il cielo e sbriciolato le colline.
Per non pensarci, provò a tornare alle sue occupazioni, doveva lavare e preparare il pranzo… mamma… sentì quasi un grido disperato, mamma….
Il viso del ragazzo era livido… mamma, le piante, il ruscello… non ci sono più…
Non provò neppure a guardare fuori, lo strinse forte a sé… non è niente figlio, è il vento… e intanto un turbine di pensieri neri le si stringeva nel petto come un presagio, come gli artigli di una paura sconosciuta e incontrollabile. Ripeté è il vento, figlio…gioca qui vicino a me…
Il bambino la guardò, nei suoi occhi dubbi e paura, ma c’era il sorriso della madre, le sue parole… si sedette sul pavimento, rimise in piedi i suoi soldatini.
Lo sguardo della madre si posava a tratti su di lui come una carezza protettiva, non c’erano più rumori, il lavabo s’era svuotato di tutta l’acqua.
Un chiarore improvviso squarciò la casa… mamma… abbracciò il terrore di suo figlio stringendolo a sé come un’estrema difesa… mamma, la casa….la casa sta scomparendo…
Con nel cuore un pianto troppo raggelato per giungere agli occhi… è il vento, figlio… disse con tristezza, e un peso intanto le affondava l’anima… è il vento… e lo abbracciava più forte.
La donna sentiva di aver capito e l’orrore era troppo grande anche per confessarselo.
Strinse di più il figlio, baciandolo sulle guance con tutta la sua pena.
Mamma… sentì l’ultimo grido disperato, mamma… le mie gambe , le mani… sparisco…
Pianse, pianse con l’ infinita tristezza di chi ha capito l’inelluttabile… è il vento, figlio mio… è il vento che distrugge i sogni… e noi siamo fatti di sogni…

La gomma passava sul foglio con forza, come la decisione feroce di un assassino; gli ultimi segni di matita erano scomparsi… il bambino guardò il foglio soddisfatto, quel disegno non gli piaceva più…

3 commenti:

  1. Simpatico racconto: originale, ben scritto, finale sorprendente.

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  2. Racconto molto originale. La sorpresa finale è d'effetto. Può essere considerato una meditazione sul potere che ha l'uomo di scomparire da questa faccia della Terra.

    Giuseppe Novellino

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  3. Bello questo racconto, angosciante, ben scritto. Mi permetto solo di criticare i puntini. E forse l'avrei lasciato senza la parte finale.

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