sabato 22 novembre 2014

PER UN MIRACOLO di Giuseppe Novellino



   
  Gli spari cessarono.
     Henry Booth si sedette sul pavimento, la schiena appoggiata alla parete e lo sguardo rivolto all’interno del locale. Teneva fra le mani il suo Winchester ancora caldo. Aveva gli occhi arrossati, pieni di rabbia e di pianto.
     Dalla piccola stanza adiacente veniva il lamento di Diana. La moglie stava prestando le sue cure alla piccola April, ma le parole si erano trasformate in singulti e gemiti. Alla finestrella dello stesso locale era appostato Keith, il dodicenne primogenito. Maneggiava con abilità una vecchia doppietta, dando filo da torcere agli assalitori.
     Un gruppo di apaches della banda di Chokon aveva circondato la piccola fattoria. Non erano più di una decina. Due erano caduti già sotto il fuoco dei difensori, ma gli altri erano vivi e vegeti, pronti a dare l’ultimo assalto.
     Henry considerò la situazione e pensò che doveva vendere cara la pelle e quella dei suoi famigliari. Per la piccola April c’erano ormai poche speranze. Lo aveva capito subito quando, due ore prima, l’aveva portata in casa fra le braccia. La bimba, che stava dando da mangiare alle oche, era stata colpita da una delle prime pallottole indiane.
     Gli uomini di Chokon erano sbucati dal rado boschetto lungo il torrente, dove avevano lasciato i cavalli. Forse erano ubriachi. I Booth erano riusciti a chiudersi in casa e avevano cominciato a difendersi.
     Ora gli apaches erano diventati più prudenti.
     - No, mio Dio, noo! – gridò Diana.
     Henry rivolse un’occhiata furtiva alla finestra dai vetri infranti e poi raggiunse la moglie.
     - È morta, è morta! - gridava la donna.
     Keith scoppiò a piangere.
     April era distesa sul lettino. La sua lunga treccia color del miele le scendeva sul vestitino verde, qua e là sporco di terriccio.

     Erano sulla sommità della collina, quando il giovane sottotenente Branch alzò il braccio destro e ordinò di fermarsi.
     Da quell’altura si vedeva l’ondulata pianura verso Santa Fè, la città alla quale era diretta la pattuglia di quindici cavalleggeri, proveniente da Fort Stanley.
     Ritti sui loro cavalli, i soldati osservarono il panorama. Due falchi si inseguivano in un cielo azzurro e limpido. L’aria, in quel punto, era gradevolmente ventilata; la calura della giornata estiva era più sopportabile.
     - Caporale – disse Branch al militare che gli stava accanto, - facciamo qui una breve sosta. Voglio arrivare in città prima di sera.
     - Signorsì, signore – rispose il graduato, togliendosi il berretto per asciugarsi il sudore dalla fronte.
     Cavalcava con loro un certo Samuel Scott, sensale nel settore bestiame. Approfittava della scorta di quel drappello per viaggiare sicuro fino a Santa Fè. Con la banda di Chokon in circolazione bisognava essere prudenti.
     - Sapete meglio di me, tenente – aveva detto a Branch prima di aggregarsi a loro, - che quei maledetti Apaches stanno facendo colpi di mano sempre più vicino alla città. Da quando è iniziato questo benedetto 1879, ne hanno già combinate di tutti i colori.
     Smontarono da cavallo, mentre un serpente a sonagli scivolava silenzioso dietro un grosso cactus.

     Henry Booth aprì il fuoco. Fece scattare la molla di ricarica altre due volte e lasciò partire i colpi a breve intervallo. Ma l’indiano preso di mira si gettò a terra, dietro la staccionata. E ora sparava a sua volta con la vecchia carabina.
     Anche Keith sparava dalla finestrella sul retro, nella stanzetta dove la madre piangeva, abbandonata sul corpo della piccola April.
     - Ne ho beccato uno! – gridò a un tratto il ragazzo.
     - Coraggio, figliolo – lo incoraggiò il padre. – Ma tieniti bene a riparo.
     Henry non si faceva troppe illusioni. Gli indiani prima o poi avrebbero avuto il sopravvento, sarebbero riusciti a entrare in casa. E le pallottole cominciavano a scarseggiare.
     Solo un miracolo avrebbe potuto salvarli.
     Improvvisamente gli Apaches cessarono ancora una volta di combattere e rimasero nascosti nelle loro postazioni. Era la loro strategia: logorare i nervi degli assediati.
     Passò una buona mezzora di silenzio surreale. Il sole era alto nel cielo.
     Poi ripresero gli spari.
     Due indiani si avvicinarono con grandi scatti felini e si gettarono dietro la vasca dell’acqua.
     - Papà, ho finito le cartucce.
     Lui non gli rispose. Prese la mira e fece fuoco, colpendo un indiano che non se ne stava troppo al coperto dietro il carro.
     Ne rimanevano almeno sei, che non avrebbero mollato la loro preda.
     Altra pausa. Solo dopo un bel momento cominciò quello che sembrava l’assalto definitivo.
     In quel momento avvenne il miracolo.
     Si udì un ripetuto squillo di tromba. Sul debole crinale al di là del torrente apparve un gruppo di uomini a cavallo, in giacca blu.
     - I soldati – gridò Keith che li aveva visti per primo.

* * *

      Samuel Scott rimase molto impressionato da quella vicenda. Ne parlò per molti anni.
      Anche lui aveva visto la bimba con il vestitino verde, là sulla collina rinfrescata dalla brezza. Era come spuntata dal nulla. Piangeva. Diceva, con una vocina esile che sembrava sentirsi dappertutto:
     - Venite ad aiutare la mia famiglia! Gli indiani sparano alla mia casa, laggiù lungo il torrente. – E indicava con la manina la direzione.
     Poi si era messa a correre lungo il pendio.
     - Ehi, bambina! – l’aveva richiamata il caporale.
     Il tenente aveva fatto due o tre passi nel tentativo di ricorrerla.
     Ma lei era scomparsa fra i cespugli.
     - In sella! – aveva ordinato l’ufficiale.
     Nel cercare di ritrovare la piccola, avevano cavalcato per circa mezzora, finché avevano udito gli spari.
     Avevano ucciso quei sei indiani, prima che se la fossero data a gambe.
     E così l’avevano rivista, la bambina, cadavere nel suo lettino.
     Henry Booth aveva stentato a credere al resoconto dei soldati. La moglie, invece, aveva detto tra i singhiozzi:
     - La mia bambina è diventata un angelo… e ha vegliato su di noi.
     Il marito l’aveva abbracciata.
     Scott, il sensale, aveva guardato con aria interrogativa il giovane Keith e gli aveva chiesto, alludendo alla vecchia doppietta:
    - Hai sparato con quella?
    - Sì, ne ho beccati due.
    - Una bella fortuna hai avuto, ragazzo. Un vero miracolo.
    

2 commenti:

  1. Un fantawestern drammatico e avvincente, quello di Giuseppe. Bellissimo finale.

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  2. Western suggestivo con un pizzico di fantastico. Bello davvero..
    G.S.

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