sabato 28 giugno 2014

IL PERFETTIBILE DIO di Peppe Murro



La stella era lì, di fronte a lui, brillante nella sua minacciosa indifferenza.
Si voltò un attimo a guardare quel contenitore blu, sorrise ad un pensiero strano; sospirò appena e si sedette ai comandi. Spinse i motori al massimo e chiuse gli occhi.
Non gli riuscì di non aver pensieri.
I giganti erano tutti morti.
Poi vennero loro, figli del fuoco, lividi e invidiosi, corrotti e corruttori, insegnarono agli uomini tutte le loro discutibili virtù, promuovendo la feccia di ogni moto dell’animo. 
 Loro, i nani, anima flaccida e cuore spietato… e la gente imparava allegra da loro la più facile delle lezioni…io io io , la mia libertà… di fare, di non avere responsabilità e pudore, il diritto urlato ad ogni avventura purché luccicante e spensierata.
Loro, i maestri della filosofia dell’assenza, i predicatori del no al dolore, alla responsabilità, all’infelicità… loro, i nani travestiti da uomini, i maestri del vuoto, che avevano insegnato ad umani instupiditi da frivolezze e vanità cos’era il cinismo e la disperazione permanente di non apparire giovani e belli; loro, i maestri sciatti ed arroganti del non pensiero come valore, padroni di ogni vita, invitavano ogni momento alla festa permanente, come fosse quella la ricerca della felicità.
Stordirsi e divertirsi era diventata la sola attività degli umani.
All’inizio offrirono caschi neurosensoriali per poter sognare anche l’impossibile, per ogni loro capriccio, poi capirono che non ne avevano più bisogno, bastava dare sfogo ai desideri più superficiali degli umani, i più vitali, i più forti, quelli per cui ci si affatica e ci si vende per nutrire la scimmia vanitosa che ci abita dentro.
Gli uomini…! darsi alle occasioni, e le loro esistenze diventavano luminose, senza sapere che così consumavano se stessi e la loro vita; darsi senza tenacia e facilmente era la loro voluttà, come pure usare le persone: a questo li spingevano i nuovi signori.
Con ogni pubblicità, con ogni propaganda.
Vite svendute, centrate sempre sull’autocelebrazione, consumate alla ricerca spasmodica e affannosa della leggerezza e della felicità, senza accorgersi che tutto questo era già programmato e comandato, quasi un obbligo risarcitorio della loro libertà perduta e della loro dignità negata.
Umanità ballerina, pronta a saltare su ogni carro del vincitore, rapace nel prendere, oscena nel concedere.
Di quella umanità ormai non gli importava molto, perché sapeva che qualcuno lo avrebbe pianto, qualche altro lo avrebbe bestemmiato, ma ai più la cosa avrebbe interessato poco o niente.
Eppure al momento della genesi aveva pianificato per loro quello che gli era sembrato il dono più grande, la libertà, la capacità di scegliere…ed ora vivevano così, storditi e immobili, imbellettati dalla frenesia del niente …
Avrebbe potuto atterrirli a morte con appena uno dei suoi incubi di dio, ma perché avrebbe dovuto?, anche quello sarebbe stato troppo poco, bastava soltanto che li mettesse di fronte alla loro realtà, ben peggiore di qualunque suo incubo di viaggiatore dell’eternità.
O avrebbe potuto togliere loro la capacità di capire l’abisso in cui erano sprofondati e lasciarli al destino che avevano scelto.
Era stanco, voleva chiudere gli occhi su quel progetto errato ed insensato di libertà, sapeva però di essere il Guardiano, e il suo destino era assistere da fuori a quella storia.
Chiuse gli occhi, guardò per l’ultima volta ciò che gli era stato consegnato perché ne fosse l’osservatore…che orrenda cattiveria, pensò, affidargli in custodia quel mondo ! un altro, più indifferente o feroce, avrebbe fatto di meglio.
Già, avrebbe potuto distruggere il mondo intero, cancellare ogni bruttura, decise di cancellare solo se stesso.

Strinse forte i comandi.
La stella era lì, rovente.

3 commenti:

  1. Più che avvincente, direi interessante. Un racconto, basato su una lunga riflessione (un monologo interiore) sul mistero della creazione e della vita nell'universo. Una prova dai riferimenti fantateologici intrigante.

    Giuseppe Novellino

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