domenica 23 giugno 2013

UN FASTIDIOSO STRIDIO di Danilo Concas


Nell'ora di punta serale, la strada statale 131 era intasata dal traffico; peggio che stare in coda, durante una giornata afosa d'agosto, sulla via del mare. Infatti stava pure diluviando.
In mezzo a quel fiume di auto che procedevano lentissime, e sommersa dal frastuono di decine di clacson, Elisa guidava per tornare a casa dopo una faticosissima giornata di lavoro. Non vedeva l'ora di giungere a destinazione e di fare una bella doccia calda; poi si sarebbe seduta davanti alla TV e avrebbe bevuto un tè bollente. Quel pensiero soltanto bastò a rilassarla.
Dopo aver superato la deviazione causata da un tamponamento, proseguì spedita lungo la strada che percorreva tutti i giorni, fino a parcheggiare l'auto sotto casa sua e prendere l'ascensore che la portava al suo piano. Girò la chiave nella toppa e quando si richiuse la porta alle spalle si sentì pervadere dal benessere. Finalmente a casa.
Circa venti minuti dopo usciva già dal bagno, avvolta in un morbido e caldo accappatoio.
Con uno scatto secco il bollitore elettrico si spense; Elisa versò l'acqua in una tazza e vi mise a bagno il filtro metallico contenente l'ottima e costosa mistura di tè, comprata nel recente viaggio in Turchia insieme a suo marito Piero. Quando avevano bevuto quel nettare, erano stati d'accordo che era migliore di qualunque altra bevanda avessero mai assaggiato, caffè compreso. Ne comprarono un sacchetto da un chilo, pronti a sfidare qualunque ufficiale alla dogana pur di portarselo a casa.
Mentre alla TV trasmettevano il suo programma preferito, Elisa girò il cucchiaino nella tazza, lentamente, respirando l'aroma che evaporava dal liquido e rilassandosi.
Quando bevve il primo sorso, sentì una leggera nota amarognola, come un retrogusto di muffa, che non riusciva però ancora a nascondere il sapore divino di quell'infuso. Forse aveva preso un po' di umidità, pensò, ma avrebbe potuto essiccarlo mettendolo per pochi minuti nel forno.
Un ragazzo stava litigando con la sua bella, in TV, quando il rumore si udì per la prima volta; era distante e impercettibile, ma ugualmente fastidioso. Per un po' Elisa non ci fece caso, e andò a versarsi un'altra tazza di tè; poi abbassò il volume e tese l'orecchio verso la porta. Era un suono intermittente, simile a quando si passa un dito su un vetro pulito, e andava su e giù di tono con regolarità. Lasciata la tazza sul tavolo, Elisa si alzò, andando nel piccolo corridoio che collegava la cucina all'ingresso. Si fermò vicino alla libreria, trattenendo involontariamente il fiato per localizzare meglio la fonte di quel rumore. Proveniva dall'ingresso.
Pensò subito a un topo che, in qualche modo, era riuscito a entrare in casa salendo fino al quarto piano del palazzo; e dire che giù nel cortile c'erano abbastanza gatti da scongiurare una simile evenienza. Tornò indietro e prese una scopa dalla cucina, così sarebbe stata pronta ad ammazzarlo quando fosse saltato fuori. Mentre avanzava, il rumore si faceva sempre più distinto e vicino, finché fu certa che provenisse dal mobile in noce dove teneva la sua collezione di cristalli Swarovski. Con cautela e un po' di batticuore, Elisa accostò l'orecchio all'anta spiovente del mobile, sentendo il rumore vicinissimo. Si allontanò di qualche passo e, usando il bastone della scopa come leva, sollevò completamente l'anta. Non era un topo.
Qualche tempo prima, l'interno del mobile era stato modificato in modo tale che l'apertura dell'anta accendesse dei faretti sui cristalli, provocando una fantastica esplosione di colori. Ora, le varie figure stavano ferme tra lo sfavillare delle luci riflesse dalle innumerevoli sfaccettature, tranne una. L'orsetto col cuore rosso in braccio si fermò, mosse la testa, le fece l'occhiolino e riprese a pattinare sulla superficie di vetro del lago in mezzo ai cigni.
Elisa sentì il freddo impadronirsi delle sue membra e la testa farsi leggera. Continuava a fissare quell'allucinazione, perché solo di questo poteva trattarsi, con la scopa ben stretta in mano, senza riuscire a prendere una decisione su come comportarsi. Poi trovò la forza di agire, dando un colpo secco all'anta che si richiuse. Intanto lo stridio continuava, entrando di prepotenza nella sua mente e rendendo quella visione più reale che mai.
Nonostante il rumore si sentisse ancora, Elisa cercò di ignorarlo e si chiuse in cucina, alzando il volume del televisore al massimo; con uno sforzo di volontà enorme, convinse se stessa che quanto aveva visto e sentito era stato un parto della sua fantasia, causato dallo stress del lavoro che, ultimamente, era davvero troppo.
Ci voleva un'altra tazza di tè.
Mentre sorseggiava la bevanda e seguiva i volteggi di una coppia di ballerini, trattando quanto accaduto come un sogno lontano, notò sul muro proprio dietro alla TV un riflesso iridescente che si muoveva, poi si sentì toccare due volte una spalla.
La tazza volò via e si ruppe sul pavimento, quando lei balzò su dalla sedia e si girò allo stesso tempo. Il fiato le rimase intrappolato nei polmoni e la gola si strinse lasciando uscire solo un gemito strozzato.
Davanti a lei c'era l'orsetto di cristallo, con le solite fattezze ma alto quanto un bambino. E la stava salutando.
Elisa scappò via e si rinchiuse nella vicina camera da letto, infilandosi sotto le coperte e tappandosi le orecchie per non sentire i forti colpi dati alla porta. Non poteva essere reale, proprio no. Qualcuno le stava facendo uno scherzo di cattivo gusto; era sicuramente così.
Quando i colpi alla porta cessarono, Elisa tirò fuori la testa da sotto le coperte e guardò tutt'intorno alla stanza, vedendo che era vuota. Sentì dei brividi e stava sudando; doveva avere la febbre. La febbre! Come aveva fatto a non pensarci prima? Da qualche parte aveva letto che un aumento eccessivo della temperatura interna corporea portava inevitabilmente a delirio e allucinazioni.
Un colpo fortissimo che proveniva dall'ingresso la costrinse a uscire dal giro dei suoi pensieri e ad aprire, tutta tremante, la porta della camera. Subito, sentì nuovamente quello snervante stridio aggredirla, e si prese la testa fra le mani.
«Bastaaa!» urlò.
Come risposta, le porte di tutta la casa presero a sbattere contemporaneamente, e lo stridio si alzò d'intensità andando sempre più veloce. Elisa era sull'orlo della pazzia e scoppiò a piangere, mentre le sue urla disperate rimbalzavano violente sui muri.
Ben presto la disperazione divenne odio. Un odio profondo e feroce per quell'orsetto che gli stava causando tutto questo. Ma l'avrebbe pagata. Eccome se l'avrebbe pagata.
Col viso rigato dalle lacrime e il naso gocciolante, Elisa raggiunse la cassetta degli attrezzi che stava sullo scaffale dell'andito. Frenetica, cercò il martello, impugnandolo poi ben stretto. Pazienza per quello schifoso orsetto. Qualcuno le avrebbe regalato un altro cristallo per sostituirlo.
Digrignando i denti e respirando affannosamente, si diresse decisa verso l'ingresso, trovandovi la porta principale spalancata e l'orsetto che, sorridente e con la testa simpaticamente reclinata su un lato, la stava aspettando.
Elisa gli si avventò contro, e lo tempestò di terribili martellate date con furia cieca, finché il pavimento non fu ricoperto di scintillanti pezzi di cristallo. Lei cadde a terra, in ginocchio, esausta e respirando rumorosamente. Dai suoi occhi colava il mascara, trasformando il suo viso nella grottesca maschera di un demone.
«Pattina adesso, bastardo! Pattina adesso!» urlò, all'indirizzo del pavimento. Poi si appoggiò al muro e iniziò a ridere istericamente. E più rideva, più la scena che aveva davanti era divertente.
Certo, aver ridotto a pezzi quello stronzo di orsetto era stato appagante. Ma vedere Piero a terra con un martello conficcato in testa, era un vero spasso.

3 commenti:

  1. Bel racconto, con un finafe davvero sorprendente. Benvenuto, Danilo, su LF

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  2. Buon racconto; ben strutturato, con un idea interessante, un bel finale e qualche annotazione divertente. Solo la scrittura è ancora discontinua, con alti e bassi che infastidiscono un po' la lettura (i bassi ovviamente), è un peccato perché uno stile anche appena più incisivo gli avrebbe dato una marcia in più.
    Sauro Nieddu

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  3. Un racconto interessante che mantiene una certa tensione fino alla fine. La scrittura evidenzia un buon mestiere e rivela tanta lettura di opere anglosassoni.

    Giuseppe Novellino

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